
La legge della domanda e dell’offerta è ancora valida? Oppure l’economia contemporanea ha imboccato una deriva strutturale che mina il suo stesso equilibrio?
Nel cuore della teoria economica classica, la domanda crea l’offerta. Questo principio – già formulato da Jean-Baptiste Say nel XIX secolo con la sua nota “legge degli sbocchi” – è stato a lungo considerato uno dei pilastri dell’equilibrio di mercato. Secondo Say, ogni produzione crea il proprio mercato, perché produce anche reddito, che genera domanda.
Tuttavia, nell’economia contemporanea assistiamo a un fenomeno quasi opposto: è l’offerta a creare la domanda. Un rovesciamento che non è solo logico, ma profondamente disfunzionale sotto il profilo sociale ed economico.
L’induzione del bisogno e l’indebitamento sistemico
Il consumatore, in un contesto iper-mediatizzato e spinto dalla pubblicità, non esprime più un bisogno preesistente, ma ne viene continuamente sollecitato uno nuovo. Il marketing moderno – già analizzato criticamente da Thorstein Veblen con il concetto di “consumo vistoso” – non si limita a promuovere prodotti: genera status, definisce identità, plasma desideri.
Il risultato è un ciclo economico in cui l’indebitamento privato cresce in modo strutturale, soprattutto tra le fasce di reddito più deboli. Si contrae credito non per investimenti produttivi o bisogni essenziali, ma per accedere a beni percepiti come necessari per “esistere socialmente”.
La riflessione di John Maynard Keynes, secondo cui il consumo dipende dal reddito disponibile e dalla propensione marginale al risparmio, sembra oggi superata da una realtà in cui la propensione al consumo si sgancia dal reddito, e si ancora al credito. Il consumo precede il risparmio, anzi, spesso lo sostituisce del tutto.
Lusso e squilibrio: quando l’extra diventa norma
In teoria economica, i beni di lusso rientrano tra i beni a elasticità positiva rispetto al reddito: al crescere del reddito, cresce la domanda. Tuttavia, nel modello attuale, tali beni vengono resi accessibili a soggetti che non possiedono il reddito necessario, grazie a strumenti finanziari (credito al consumo, leasing, buy-now-pay-later). Questo processo ha generato un falso accesso all’agio, che non corrisponde a una reale emancipazione economica.
Come già teorizzava Vilfredo Pareto, l’economia di mercato è compatibile con l’esistenza del lusso, purché quest’ultimo rappresenti un surplus derivante da una condizione di equilibrio e sicurezza economica. Quando invece il lusso diventa la norma imposta, la sua funzione si distorce, e diventa generatore di frustrazione, disuguaglianza e debito.
Spreco di risorse e allocazione inefficiente
Non è solo il privato a essere coinvolto in questo ciclo. Anche il settore pubblico – per logiche elettorali o mediatiche – talvolta privilegia la spesa visibile (grandi eventi, infrastrutture simboliche, estetica urbana) a scapito degli investimenti strutturali e duraturi (sanità, istruzione, trasporti, edilizia sociale). È un fenomeno che Joseph Schumpeter avrebbe potuto leggere come “distruzione creativa al contrario”: risorse che non innovano, ma cristallizzano disuguaglianze.
Il disequilibrio salariale come sintomo di un’economia distorta
Nel frattempo, si amplia la frattura tra livelli di reddito e utilità sociale. In contrasto con i modelli di David Ricardo e Adam Smith, che legavano la remunerazione al valore del lavoro prodotto, oggi il mercato del lavoro premia spesso la rendita, la visibilità, la speculazione, lasciando indietro chi opera in settori essenziali ma meno “spendibili” sul mercato.
L’equilibrio economico richiederebbe una corretta distribuzione dei redditi, in cui il valore del lavoro fosse proporzionale al suo impatto reale. Come sosteneva anche Amartya Sen, lo sviluppo non si misura solo in termini di PIL, ma in capacità reali delle persone di condurre una vita dignitosa.
Verso una nuova domanda “vera”
La crescita economica non può essere sostenuta dall’indebitamento perpetuo, né da una domanda artificiale. È urgente ripristinare il legame tra desiderio e bisogno, tra reddito e consumo, tra utilità reale e remunerazione.
Ritrovare una domanda autentica – che emerga dai bisogni sociali e non dall’offerta che li induce – è la chiave per un’economia più sostenibile, più equa, e finalmente, più umana.