Perché dopo il rimbalzo post-pandemico, l’Italia torna a crescere così poco? Se l’è chiesto Veronica De Romanis, già membro del Consiglio degli Esperti presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e docente di Politica economica europea alla Stanford University, a Firenze e alla Luiss Guido Carli di Roma.
“In effetti, l’anno prossimo, l’Italia sarà il Paese europeo che crescerà di meno: dello 0,7%, circa la metà della media europea, un terzo di quella spagnola e un quarto di quella greca. Il nostro Paese ritorna ad essere fanalino di coda. Ma non c’è da stupirsi: la crescita sostenuta del biennio 2021-2022 (mediamente del 4%) è scaturita dal rimbalzo successivo al forte tonfo (-8%) registrato in piena pandemia. Ma un ruolo di stimolo lo ha avuto anche l’enorme quantità di sussidi elargita dall’allora governo Conte due, a cominciare dallo scellerato bonus del 110%. Come si evince dai numerosi dati disponibili – argomenta a tal proposito De Romanis – l’agevolazione edilizia è risultata essere regressiva e con un impatto sull’economia limitato e, soprattutto, temporaneo. Quello sui conti pubblici, invece, è destinato a durare a lungo. Ciò dovrebbe servire da lezione a chi pensa che la crescita possa essere creata distribuendo risorse che, peraltro, non ci sono e quindi, vanno prese a prestito. Del resto, se per crescere bastasse un sussidio, allora perché non inserirne uno per ogni settore, magari fissando una percentuale anche più alta del 110? È evidente che queste ricette miracolose non servono. Al contrario: drogano il mercato e indeboliscono ancora di più il nostro tessuto produttivo”.
Allora, cosa fare per crescere strutturalmente? Per l’economista “è necessario affrontare in maniera strutturale i nodi che ingessano da decenni il sistema economico italiano, ovvero la produttività pressocchè piatta, il mercato del lavoro poco dinamico e l’enorme stock di debito pubblico”. E quindi: “Per aumentare la produttività, servono le riforme. A cominciare da quella della concorrenza che, invece, è completamente sparita dal dibattito politico. Anche sul fronte del mercato del lavoro, poi, servirebbe una scossa. Finora, a fronte di una situazione drammatica, si è fatto poco: l’Italia registra il più basso tasso di occupazione femminile (il 53%), 20 punti in meno a quello della Germania, ad esempio. E il più alto tasso di Neet, pari al 20%, 14 punti in più del dato tedesco. Se le donne non lavorano e i giovani non hanno una prospettiva, è chiaro che il tasso di natalità (1,2 figli per donna) difficilmente potrà iniziare a salire. Obiettivo fondamentale per assicurare la sostenibilità dei conti”.
E qui, secondo De Romanis, si arriva al terzo elemento che impedisce all’Italia di crescere come gli altri: il debito pubblico. “I 2850 miliardi di prestiti accumulati negli anni rappresentano una zavorra enorme e estremamente costosa. Il governo stima che nel 2026 la spesa per interessi raggiungerà la cifra record di 100 miliardi. Si tratta, naturalmente, di risorse che vengono sottratte a impieghi ben più produttivi”.
Fatto sta che, per l’economista autrice, tra gli altri, de “Il metodo Merkel” e “L’austerità fa crescere”, “ridurre il debito e anche in tempi relativamente brevi è possibile, altri Paesi l’hanno fatto. Ma bisogna delineare un piano strutturale a medio e lungo termine da attuare sin da subito”.
Tuttavia, anche l’ultima legge di bilancio, secondo De Romanis, va in direzione opposta. “A conti fatti, per crescere serve avere un’idea di Paese. E il governo dovrebbe averla abbandonando definitivamente la via dei sussidi. Un esempio: per aumentare l’occupazione femminile, meglio un asilo in più piuttosto che uno sconto in più”.