Quanto è difficile per una azienda trattenere i talenti in fuga? Una su due sceglie di non farlo. Il 56% perché convinta di offrire già un buon ambiente di lavoro, mentre il 33,6 % non rilancia per mancanza di risorse. In ogni caso, chi sceglie di contrattare usa la leva retributiva solo nel 52,7% dei casi.
Lo evidenzia “Upskilling e Reskilling”, l’indagine svolta da InfoJobs su un campione di 158 aziende e oltre 1.300 candidati.
Il fenomeno, avvertono gli esperti, è da prendere molto sul serio: i migliori sempre più spesso decidono di cambiare lavoro perché poco soddisfatti, desiderosi di crescere economicamente e professionalmente.
Ma, prima di tutto, quanti ne sono? Non pochi: lo studio calcola che ammontino al 48,6% dei lavoratori. Si sentono non appagati dal lavoro che svolgono e quindi sono alla ricerca di nuove occasioni professionali.
Una dinamica che il 57,1% delle aziende non ha tentato nemmeno di arginare nonostante il fatto che la perdita di un dipendente venga chiaramente considerata un vulnus in quanto comporta la ricerca di una nuova risorsa da formare (39,4%) e perché richiede una riorganizzazione del lavoro (25,5%).
Solo il 42,9% delle aziende afferma di essersi mosso per provare a coinvolgere e mantenere i talenti. Ma come? Sfruttando oltre che, come accennato, la leva retributiva, l’appeal del lavoro ibrido (31%), o anche proponendo un pacchetto di welfare aziendale (sempre 31%), quando non un percorso di carriera chiaro (27,3%), o infine più formazione (20%).
In questo contesto entrano in scena il reskilling e l’upskilling. Il primo è il processo di apprendimento di nuove competenze per poter svolgere un lavoro diverso, il secondo è la capacità di migliorare, sviluppare e riqualificare le competenze del lavoratore, facendogli fare un upgrade.
Il reskilling viene messo in pratica da quasi il 60% delle aziende coinvolte. Convinte dell’efficacia dell’upskilling, invece, sono il 28,4% delle aziende, perché “valorizzare le risorse e farle crescere favorisce il maggior attaccamento all’azienda”.
Lo studio di Infojobs, infine, ha toccato il tema dell’ingresso dell’Intelligenza Artificiale nella gestione delle risorse umane. Sebbene per la maggior parte del campione intervistato (65,4%) essa sia ancora lontana dall’ingresso in azienda, il 19,2% la vede come un effettivo fattore di aiuto nella selezione. Per il 7,7% delle aziende, avere l’Intelligenza Artificiale nel proprio lavoro significa snellire le procedure e far emergere, si direbbe finalmente, il talento dell’individuo.