
Se vi state preparando per un colloquio di lavoro, sappiate che ci sono domande che nessuno può farvi. Quali? Le ha elencate di recente Will, specificando che non tutte sono lecite: alcune sono espressamente vietate dalla legge.
Qualche esempio? Secondo l’articolo 27 del decreto legislativo 198/2006, è vietata “qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”.
Non solo: stando all’articolo 8 dello Statuto dei lavoratori, “è fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore”.
Di conseguenza, queste norme di legge mettono fuori gioco domande come sei sposato? sei fidanzata? hai figli? pensi di averne? che partito voti? sei religioso? sei iscritto a un sindacato?
Sono vietante, inoltre, tutte le domande che hanno a che fare con la vita privata del candidato non rilevanti ai fini della valutazione delle capacità del lavoratore.
E nel caso della salute? I datori di lavoro (o chi per loro) possono sapere se chi assumono gode di sana e robusta costituzione? Stando al Dlgs 276/2003, c’è l’obbligo di dichiarare se si hanno disabilità fisiche nel curriculum. Tuttavia, non si possono chiedere al candidato informazioni sulla sua salute fisica e psicologica che non risultino rilevanti per il ruolo offerto.
Sta di fatto che quando queste domande comunque vengono poste nel corso di un colloquio di lavoro, dimostrare l’eventuale discriminazione susseguente è molto difficile, anche se esistono strumenti per segnalare l’accaduto. Ci si può rivolgere, ad esempio, all’Ispettorato territoriale del lavoro o allo sportello unico digitale del Ministero del Lavoro alla sezione “mezzi di ricorso disponibili contro la discriminazione sul lavoro”. E incrociare le dita.