
Sul posto di lavoro, si muore un po’ meno, ma ci si ammala di più. È quanto scaturito dalla audizione in Commissione sicurezza sul lavoro che ha visto protagonista il commissario dell’Inail Fabrizio D’Ascenzo. Nello specifico, nei primi sei mesi del 2023, sono state quasi 300mila le denunce di infortunio sul lavoro, il 22% in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Questo, a causa del minor peso dei contagi da Covid 19 che fino allo scorso anno sono stati decisivi nel conteggio generale. Le denunce con esito mortale, invece, sono state 450, vale a dire 13 in meno rispetto al primo semestre 2022 e 32 in meno rispetto al 2019. Anche in questo caso, un fattore determinante è il superamento della pandemia.
Sta di fatto che le denunce di malattie professionali sono state circa 38mila, il 22% in più rispetto al primo semestre 2022. L’incremento, poi, è del 16,8% rispetto agli stessi mesi del 2019.
Ma sul lungo periodo, che numeri scaturiscono? Nel decennio 2012-2022, le denunce di infortunio sul lavoro hanno registrato una riduzione del 6%, passando dalle circa 750mila del 2012 alle 700mila del 2022. Per quanto riguarda, invece, le denunce di infortunio con esito mortale, nel 2012, sono state quasi 1400, mentre nel 2022 si è passati a 1200 (con un picco di 1700 eventi mortali registrati nell’anno della pandemia 2020).
Ma quali sono le principali cause di infortunio? Le più frequenti sono riconducibili a “movimenti del corpo inopportuni/scomposti con o senza sforzo fisico” (47%) seguiti al 22% dalla “perdita di controllo di mezzi/macchine/attrezzature (prevalentemente per incidenti stradali)” e al 19% dalle cadute da impalcature, piattaforme e scale. Per i casi mortali, invece, al primo posto c’è la perdita di controllo dei mezzi, seguita dalle cadute e dalla rottura o dal crollo di materiale con conseguenti schiacciamenti.