Secondo i calcoli dell’Ocse, lo shock inflazionistico determinato dall’invasione russa dell’Ucraina ha reso più poveri gli italiani (quasi -4% di potere d’acquisto dall’inizio del 2020 ad oggi), i francesi (-3%) e i tedeschi (-2%). Gli statunitensi, invece, a dispetto di Trump, si sono ben rifatti con +3%.
La Banca Centrale Europea prevede che il recupero dei salari proseguirà. Ma intanto per parecchi mesi abbiamo potuto comprare meno beni e la decurtazione, secondo altri calcoli, è stata più pesante di quanto faccia pensare l’Ocse.
Nei dati cumulativi di 1900 grandi e medie società resi noti da Mediobanca, al netto dell’inflazione, il costo del lavoro è sceso del 7,6% in 2 anni.
Negli ultimi anni, i tagli alla rivalutazione delle pensioni medio-alte adottati dai governi Conte e Draghi, inaspriti dal governo Meloni, sono passati pressocché sotto silenzio benché, secondo calcoli della Federdirigenti, abbiano eroso fino a un quarto del potere d’acquisto. La fase non ancora terminata, in cui in Italia i salari sono rimasti indietro rispetto all’inflazione ha molto migliorato i profitti delle aziende che nel 2023 hanno toccato livelli non visti da parecchio tempo. I buoni risultati raggiunti dalle imprese italiane nel 2023, che in altre parti d’Europa è stato un anno difficile, derivano quindi in gran parte da fattori temporanei che già si stanno attenuando e presto scompariranno. Si vedrà se il miglior livello della produttività rivelato dall’ultima revisione dei dati Istat reggerà a lungo in presenza di una perdurante compressione dei salari reali.