I numeri dell’occupazione migliorano, sebbene di poco, anche al Sud. Lo si evince dai dati emersi ieri dall’Osservatorio Inps sul precariato che confermano un trend positivo anche sul fronte della nascita di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato. A fine 2023, essi sono risultati molto maggiori di quelli a tempo determinato. Decisiva, ancora una volta, la spinta della Decontribuzione Sud i cui contratti, con i previsti incentivi di natura fiscale per le sole imprese del Mezzogiorno, sono saliti di un altro 6% rispetto al 2022.
Nello specifico: delle 523 mila posizioni di lavoro complessive del settore privato, che costituiscono il cosiddetto “saldo annualizzato”, vale a dire la differenza tra i flussi di assunzioni e le cessazioni del periodo dicembre 2022-dicembre 2023, circa 396 mila sono a tempo pieno e, di queste, 108.034 si riferiscono al Mezzogiorno.
Negli stessi dodici mesi, il saldo dei contratti a tempo determinato (e non solo) meridionali è anch’esso attivo ma di sole 47.895 unità, comunque ancora superiori a quelle delle altre aree del Paese. Il totale dei nuovi posti di lavoro 2023 è di 155.929 (contro i 121.855 del Centro e i 245.380 del Nord).
Va peraltro sottolineato che il dato nazionale è migliore di quello del 2022 quando il saldo complessivo fu positivo per 419.487 unità con 331.990 contratti in più tra quelli a tempo indeterminato.
Se poi si esaminano gli ultimi 4 anni, il periodo cioè dicembre 2019-dicembre 2023, l’aumento dei contratti pieni al Sud appare ancora più rimarchevole: 327 mila contro i 182 mila a tempo determinato (e non solo), per un totale di oltre 509 mila: esattamente un terzo del totale nazionale, pari a circa un milione e mezzo.
“La crescita occupazionale è stata trainata con maggiore intensità nel Nord del Paese dal tempo indeterminato: per il periodo il 2019-2023 la quota ad esso attribuibile risulta pari al 73% al Nord contro il 64% al Sud”, scrive l’Osservatorio sul precariato dell’Inps.
“Ma i dati di ieri sono decisamente positivi per il Sud, non si vedevano da anni”, commenta Luca Bianchi, direttore della Svimez. Il quale, in ogni caso, osserva: “L’occupazione ha sempre un effetto ritardato rispetto alla dinamica economica. I numeri dello scorso anno sono l’effetto trascinamento di ciò che è avvenuto nel 2021 e nel 2022 quando l’economia meridionale, grazie alle misure pubbliche, è uscita dal Covid senza precipitare nel baratro. Ora che si vedono segnali di frenata un po’ dovunque si tratterà di capire se questa tendenza resisterà anche nel 2024. Penso soprattutto all’effetto traino delle costruzioni che ha avuto un impatto importante nella crescita dei posti di lavoro al Sud ma che è stato accompagnato, come dimostra l’Osservatorio Inps, anche dalla ripresa dell’occupazione non solo del turismo ma del terziario legato alla sanità e all’istruzione. E ciò a riprova del fatto che dopo anni di blocco anche nel pubblico si è ritornati ad assumere, ed è un’altra buona notizia, senza dimenticare che i ritardi da colmare sono ancora molto forti”.
Sta di fatto che il peso della Decontribuzione, come detto, resta decisivo. Nel 2023, si è toccato quota 1.453.444 contratti di cui oltre 1 milione e 339 mila assunzioni a tempo indeterminato (tra cui moltissimi contratti a tempo parziale trasformati). Numeri troppo importanti perché le imprese non guardino con apprensione alla scadenza ormai prossima della proroga concessa dall’Ue alla misura (giugno 2024), tanto è vero che il ministro Raffaele Fitto è già al lavoro per renderla strutturale collegandola, a quanto pare, alla Zes unica per evitare gli stop da Bruxelles.