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Giulio Baffi e il verbo di Eduardo

GIULIO BAFFI
Critico e cronista teatrale della redazione napoletana de «la Repubblica», presidente dell’Associazione nazionale dei Critici di Teatro, direttore artistico dell’Ente Teatro Cronaca, ha diretto il Teatro San Ferdinando di Napoli, è stato titolare della cattedra di Storia e Tecnica della Regia all’Accademia di Belle Arti di Napoli di cui è stato anche Presidente, ha fatto parte del Centro Teatro Esse e di altre storiche formazioni di ricerca, è autore di pubblicazioni, mostre, trasmissioni radiofoniche e televisive dedicate ad aspetti, storia e personaggi del teatro italiano.[/caption]

Preziosissimo volume, perché in principio era il verbo è un assunto che non vale solo per le Sacre scritture e per le origini classiche della filosofia. La quintessenza del pensiero, il midollo della logica razionale, la radice della consapevolezza, la filigrana della visione del mondo – e la poesia – sono alle origini tutte nel crogiuolo dell’oralità. Poesia, filosofia, teatro, c’era un solo modo per comunicare e l’una e l’altro, tramandarli, insegnarli: la parola.

In principio era la parola. E alla fine anche. Di Eduardo si sa tutto e ancora nulla. La sua opera cardinale del teatro del novecento è da anni racchiusa nei volumi editi da Einaudi nel 1975. Ma il suo metodo di insegnamento no. E’ disseminato nelle volute cerebrali di coloro che hanno collaborato con lui, sono rune di ricordo, sedimento di voce, polvere depositata su qualche stipo della coscienza. E’ oralità pura, come quella che ruminava la filosofia greca, fino a Platone. “Ci si chiede ogni tanto – scrive Baffi – dove siano stati codificati gli insegnamenti”. La risposta c’è ed è la seguente: “… nelle parole delle sue conversazioni con i tanti giovani che ha incontrato nella sua lunga vita ed a cui ha dato consigli e impartito lezioni. A chi ha lavorato con lui, al suo fianco, sopra, sotto, dietro le tavole del palcoscenico…”. Quarantacinque testimonianze di prima mano “che formano – continua Baffi – un racconto entusiasmante e a volte sorprendente di quanto sia stato importante l’incontro che ha lasciato un segno profondo nel tempo, nei sentimenti, nel comportamento, nel pensiero, nella vita di chi ha lavorato con questo grande protagonista che ancora ci parla.

[caption id="attachment_1372" align="aligncenter" width="215"] Al lavoro con Eduardo. Un grande Maestro raccontato dai suoi allievi Guida Editori 288 pagine – 22,00 euro.[/caption] Per gentile concessione dell’editore Diego Guida, con vivo piacere pubblichiamo un estratto del capitolo introduttivo, a firma dello stesso curatore, di cui qui proponiamo il profilo. “È vero che Eduardo…?”, ad ogni incontro con giovani studenti, che si svolga in un liceo o in un altro luogo in cui si studia e si parla di letteratura o di spettacolo, ogni volta che mi capita o mi si invita a parlare di teatro o della mia vita trascorsa in teatro, qualcuno mi chiede “se Eduardo…”. A volte mi rendo conto che molti nemmeno sanno chi sia questo signore il cui nome rimbalza da un centinaio di anni da una cronaca o da un palco scenico ritornando a noi, spettatori entusiasti, studiosi instancabili, ammiratori fanatici, sudditi di un regno misterioso che ha in Eduardo De Filippo un capo indiscusso, amato, venerato, anche a volte temuto. Eduardo è leggenda, curiosità, notizia, sapere che moltiplica lo spazio. Eduardo è l’immagine a me familiare di un tempo lontano che si avvicina e si ferma. È libri letti di notte,  è battute di commedie mandate a memoria, di biografie lette a decine, di immagini viste a centinaia. Tante, a volte dimenticate e ritrovate poi all’improvviso, uscite fuori, ingiallite, da vecchi archivi, o preziose e conservate con cura dalla famiglia, dagli studiosi, dai suoi biografi attenti, da spettatori idolatri. Crediamo di sapere tutto di Eduardo De Filippo e scopriamo all’improvviso che c’è altro nascosto nella storia e nelle storie del teatro italiano del novecento. Storie e storia di famiglie che s’intrecciano, di amicizie profonde, di sofferenze grandi e sacrifici ostinati, di attenzione e di impegni di vita portati avanti con rigore. Piccola cronaca quotidiana di cui i giornali si sono nutriti e su cui un numero enorme di lettori si sono formati. Titoli di commedie scritte negli anni e messe in scena di successo in successo, perfette nella scrittura, costruite in architetture a volte molto ardite per scelte etiche e denunce cocenti, emozionanti per gesti e parole affidate agli attori e calzanti come una maschera che replicava il volto dell’autore facendolo interprete del personaggio protagonista che portava in scena ansie e scelte, sorprese affiorate come per una eruzione improvvisa, bruciando le nostre sicurezze di spettatori. È il teatro di Eduardo De Filippo che oggi, e da quando, nel 1980 l’attore decise di rimanere dietro il palcoscenico e non più in proscenio, non rinunciando al suo ruolo di mitico protagonista ma rimodellandolo sul corpo e sul gesto del figlio Luca che prese il suo posto, o lasciando che i suoi personaggi si rimodellassero assumendo il volto, il corpo, il gesto non più suoi ma propri di altri attori a cui concedeva il diritto di impadronirsene rappresentando questa o quella sua commedia. Di successo in successo il “mito” non si è affievolito ma anzi si è consolidato crescendo oltre la sua vita e dando il via, nel 31 ottobre del 1984 a quella seconda vita fatta delle sue parole, dei ricordi di tanti, di quanto aveva scritto e non era stato dimenticato, di registrazioni ritrovate in cassetti tenuti fino ad allora ben serrati. Patrimonio di tutti utile a nuove indagini, nuove costruzioni, nuovi incontri, approfondimenti, studi, che sembrano non dover avere mai fine tanto l’Universo Eduardo ci sembra, oggi ancora più che durante il tempo della sua vita, complesso e per tanti versi quasi sconosciuto, sorprendente nello studio della sintassi teatrale, della sapienza della costruzione dei personaggi e delle situazioni, nell’intreccio e nelle sorprese, nel divertimento e nelle dolorose scoperte, nei sussulti e nelle denunce ferme e motivate di ingiustizie umane, miserabili comportamenti, soprusi dispettosi, menzogne vergognose, che fanno il paio con certi ghigni feroci, certe tenerezze disperate, certo amore irresistibile e forte oltre ogni regola sociale ma convincente e convinto nelle pieghe svelate di una morale superiore di cui l’autore si è fatto interprete. Un corpus di scritti, interventi in pubbliche occasioni, interviste ai giornali del mondo, in cui Eduardo ha condensato e centellinato non soltanto i passaggi creativi ed artistici della sua vita, ma la sua attenzione al mondo dei giovani. Come aveva fatto sempre da capocomico dando attenzione ad ogni possibile occasione di scouting che potesse consentirgli di inserire giovani di talento all’interno della sua compagnia, dando loro la possibilità di crescere professionalmente, così Eduardo sviluppa ulteriormente la sua acuta attenzione verso il mondo dei giovani in difficoltà dei giovani napoletani a rischio, di quelli che vivono in costrizione negli Istituti Minorili, a loro Eduardo dedica attenzione, iniziative di sensibilizzazione sociale e politica, occasioni per dare loro consigli, incoraggiamento, prospettive di lavoro dignitoso. Una quantità di interventi, dichiarazioni, scritti che formano un corpus addirittura prezioso per altra drammaturgia che si sviluppa in tempi più recenti. Ultimo esempio di straordinario successo in tal senso è quello dello spettacolo Tavola tavola, chiodo chiodo… che da anni continua ad essere rappresentato nei teatri italiani. Così Eduardo è leggenda. Così è ancora mito da scoprire e indagare mutando angolo d’osservazione e scegliendo prospettive anche nuove d’indagine. È possibile, a più di centoventi anni dalla sua nascita ed a più di cent’anni dal suo debutto di commediografo ed attore di riconosciuto talento, rendergli omaggio senza dire il già detto? È possibile offrire un contributo di conoscenza anche critica che possa contribuire a dare qualche risposta alle domande che si affollano in ogni occasione di riflessione organizzata per approfondire la personalità di Eduardo De Filippo? Come avviare un percorso utile all’approfondimento e soprattutto di conoscenza di questo protagonista della cultura italiana ed internazionale rappresentato in tutto il mondo ma certamente non sufficientemente conosciuto da generazioni meno attente e vicine ai fatti della rappresentazione teatrale? Perché la domanda che si ripete: “È vero che Eduardo…?” ci mostra le crepe di una conoscenza che la gente di teatro ritiene sia granitica, sapendo quanto lavoro è necessario compiere per- ché tutta la gran fatica di una vita dedicata al teatro sia messa a frutto nel tempo di un oggi più distratto o ignorante o oppresso da altre urgenze e predilezioni. Eppure sappiamo da statistiche certe che ogni giorno, da qualche parte del mondo, va in scena una commedia di Eduardo De Filippo, drammaturgo tra i più rappresentati ed amati nel secolo scorso ed in questo. (…)  

Con testimonianze di:

Annamaria Ackermann, Tommaso Bianco, Gianfranco Cabiddu, Gennaro Cannavacciuolo, Vittorio Capotorto, Antonio Casagrande, Maria Letizia Compatangelo, Marina Confalone, Isa Danieli, Luca De Filippo, Giuseppe De Rosa, Nicola Di Pinto, Fabio Donato, Antonio Ferrante, Antonio Fioretto, Carla Fracci, Raimonda Gaetani, Giuliana Gargiulo, Bruno Garofalo, Claudio Garofalo, Paolo Graziosi, Huguette Hatem, Gianfelice Imparato, Marisa Laurito, Tommaso Le Pera, Angela Luce, GraziellaMarino, Girolamo Marzano, Nello Mascia, Beppe Menegatti, Marzio Onorato, Angela Pagano, Nando Paone, Imma Piro, Marilù Prati, Maria Procino, Paola Quarenghi, Andrée Ruth Shammah, Vincenzo Salemme, Lina Sastri, Gigi Savoia, Antonio Sinagra, Corallina Viviani, Francesco Somma.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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