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Equo compenso per i professionisti: le 10 clausole messe fuori legge

Nella norma appena approvata, il tentativo di regolare un mercato che si è trasformato in una giungla.
Il 12 aprile scorso, il Parlamento ha approvato la legge sull’equo compenso a favore dei professionisti, attori di un mercato che spesso e volentieri, soprattutto negli ultimi anni, si è trasformato in una vera e propria giungla. Di cosa si tratta in particolare? Presto detto: di nuove regole a cui devono uniformarsi da ora in avanti i contratti che legano aziende e professionisti ordinistici e non.
In particolare, sono dieci le clausole messe fuori legge. Vale a dire che se anche comparissero nei contratti e nelle lettere di mandato, da ora in avanti, sarebbero ritenute nulle.
La prima è la clausola che prevede un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini (per i non ordinistici, i parametri devono ancora essere fissati a livello ministeriale).
La seconda clausola messa fuori legge è quella che impone l’anticipazione delle spese da parte del professionista o gli vieti di chiedere acconti.
La terza è quella che lascia al cliente la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del contratto.
La quarta è la clausola che dà al cliente la facoltà di rifiutare la stipula scritta degli elementi essenziali del contratto.
La quinta è quella che permette al cliente di pretendere dal professionista incaricato prestazioni aggiuntive gratuite.
La sesta clausola cancellata è quella che prevede per il professionista la rinuncia al rimborso spese.
La settima è quella che prevede nei rinnovi la possibilità di applicare l’equo compenso anche agli incarichi pendenti se questo comporta una parcella minore.
L’ottava clausola vietata è quella che condiziona il pagamento di assistenza e consulenza in materia contrattuale alla firma del contratto.
La nona è quella che prevede i termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla fattura o dalla richiesta di pagamento.
La decima, infine, è la clausola che obbliga il professionista a pagare clienti o terzi per l’uso di software, banche dati, gestionali, servizi di assistenza tecnica o di formazione e, più in generale, di qualsiasi altro bene o servizio richiesto dal cliente.
Ma cosa succede al professionista che nonostante la nuova legge sull’equo compenso accetta compensi inferiori ai parametri? Rischia una sanzione disciplinare da parte dell’Ordine di appartenenza. Si vedrà sul campo se sarà un deterrente sufficiente a non inquinare il mercato.
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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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