
Tantissime cose sono cambiate con l’avvento della pandemia. Ormai sono trascorsi quasi cinque anni da quel marzo 2020 che ha sconvolto le nostre vite costringendoci al lockdown. Fatto sta che da allora, nel mondo del lavoro, si registra un milione di posti di lavoro in più in Italia.
A ottobre scorso, in particolare, si sono registrate +1,043 milioni di persone al lavoro rispetto a dicembre 2019 e una riduzione quasi simile del numero dei disoccupati (-1,009 milioni).
A sottolinearlo è stato il rapporto annuale dell’Inapp, ricordando il record raggiunto in termini di occupati (24,1 milioni) e tasso di occupazione (62,5%). I nuovi posti sono equamente distribuiti tra uomini (+532mila) e donne (+511mila) e l’aumento risulta maggiore al Sud. Ma resta aperta la questione giovanile: l’incremento del numero assoluto degli occupati si concentra nella coorte degli over 50, che negli ultimi due anni è diventata la componente più numerosa (41%) superando anche quella tra i 35 e i 49 anni. E sale l’inattività.
Non è tutt’oro ciò che luccica, quindi. L’aumento della difficoltà di reperimento di lavoratori qualificati da parte delle imprese, ad esempio, è stato “imponente: 47,8% nel 2024, +22,5 punti percentuali rispetto al dato medio del 2019”, ha avuto modo di sottolineare il presidente dell’Inapp, Natale Forlani, presentando il rapporto annuale ed evidenziando che il fenomeno risulta amplificato da un complesso di fattori: la riduzione della popolazione in età di lavoro con la stima di circa 4 milioni di persone in meno entro il 2040; la carenza di competenze per i profili esecutivi; le offerte di lavoro che non riscontrano le disponibilità da parte delle giovani generazioni.
“L’incidenza di questi fattori negativi – ha spiegato Forlani – è destinata a crescere per l’impatto dei cambiamenti demografici determinati dalla riduzione della popolazione in età di lavoro – circa 4 milioni di persone entro il 2040 nello scenario mediano delle stime Istat, già manifesto nell’esodo pensionistico delle generazioni anziane di gran lunga superiore rispetto alle coorti giovanili che entrano nel mercato del lavoro – e di quello delle tecnologie digitali sulle organizzazioni del lavoro e sulle professioni”.