C’è una notizia che, complice il trambusto provocato dalle elezioni europee e amministrative, sembra essere scivolata in secondo piano. Dalla prossima settimana, infatti, nell’aula della Camera riprenderà l’esame del disegno di legge sull’autonomia differenziata. La prospettiva è quella di un’approvazione in tempi piuttosto rapidi. Il che vuol dire una cosa: mentre l’attenzione di partiti e opinione pubblica è catalizzata dalla sfida elettorale, il Sud sta per essere ammazzato.
Già, perché il ddl Calderoli è nato con una serie di “difetti di fabbrica”, come li ha opportunamente definiti Ivo Rossi, già sindaco di Padova e consigliere regionale del Veneto. Lo scenario è il seguente. Una volta approvato il testo, le Regioni potranno presentare le loro richieste di attribuzione di ulteriori funzioni al Governo, ma limitatamente alle cosiddette “materie non Lep”, cioè quelle su cui il Comitato presieduto da Sabino Cassese non ha rinvenuto rilevanti livelli essenziali delle prestazioni nella legislazione vigente. Eppure si tratta di materie importanti: protezione civile, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Per le altre materie, invece, il Governo, attraverso appositi decreti, dovrà prima riconoscere i relativi Lep e valutare in termini standard le risorse finanziare necessarie per garantirli nei diversi territori.
E allora quali sono i punti critici? La frammentazione delle competenze in alcuni ambiti di intervento pubblico di primaria rilevanza produrrà gravissime inefficienze economiche, ridurrà la trasparenza delle politiche pubbliche, complicherà le scelte delle imprese che operano in più regioni e che saranno costrette a confrontarsi con assetti regolativi differenziati. In altre parole, il decentramento massiccio di funzioni comprometterà la tenuta del Paese.
A ciò si aggiunge un altro elemento. Come ha ribadito anche in questo caso Ivo Rossi, la determinazione delle risorse finanziarie, umane e strumentali alle Regioni differenziate resta demandata alle singole intese, quindi a molteplici di atti bilaterali tra Governo e Regioni. Queste intese definiranno le funzioni da attribuire, ma non i criteri. A complicare ulteriormente il quadro ci pensa il fatto che ad attribuire le risorse finanziarie, umane e strumentali alle Regioni differenziate dovranno essere le commissioni paritetiche, una per singolo territorio: ciò farà venire meno ogni logica unitaria, con la conseguenza che l’Italia sarà letteralmente “fatta a pezzi”.
Insomma, la Repubblica che la Costituzione vuole “una e indivisibile” sta per essere “squartata”, con grave danno soprattutto per il Sud che vedrà ampliarsi ulteriormente la distanza dal Centro e dal Nord in termini di infrastrutture, servizi e opportunità di crescita. I fautori di questo scempio non hanno rinunciato alle passerelle e alla solita “questua elettorale”: i meridionali se ne saranno ricordati, una volta entrati nella cabina ai seggi? Lo scopriremo nelle prossime ore.