Negli ultimi dieci anni, il numero delle imprese italiane è aumentato o diminuito? E dove? Secondo i dati Infocamere che pubblica oggi il Sole 24 Ore, ci sono varie sorprese in tal senso. La principale è che esse calano nel Nord e aumentano nel Sud.
Sono ben 54mila, infatti, le imprese scomparse in Piemonte e nelle Marche, ad esempio. I territori delle due regioni, con la sola eccezione di Torino e Novara, sono tra i venti più colpiti dallo “spopolamento imprenditoriale” registrato tra il 2013 e il 2023.
Se ne evince che il tessuto imprenditoriale italiano dagli anni subito dopo la crisi finanziaria scatenata dal collasso del sistema subprime fino al post pandemia è cambiato. E non poco.
Nell’intero Paese si registra una sostanziale stabilità (-1,7%) dello stock di imprese. Ma la contrazione più marcata nel numero di imprese registrate si rileva in particolare proprio in alcuni territori del Centro Nord, dove le crisi non hanno fatto sconti. A Biella, per dirne una, il saldo negativo è di oltre 3mila imprese scomparse rispetto al 2013. E simili sono i trend di Vercelli e Cuneo.
Del resto, in questi territori a mancare sono sempre più spesso i potenziali consumatori. La chiusura delle serrande delle attività di vendita al dettaglio è solo l’ultima, amara conseguenza dello spopolamento in corso: nello stesso arco di tempo, il numero di residenti è calato del 7,7% a Biella e del 6,6% a Vercelli. E non stupisce che, nell’ordine, l’altro comparto più colpito in queste zone interne del Piemonte sia proprio quello delle costruzioni.
Sta di fatto che, come detto, anche le province marchigiane, senza esclusioni, sono tra le prime venti più colpite: complessivamente, nella regione si contano 22mila attività iscritte in meno in dieci anni. Anche qui incidono le stesse variabili: coltivazioni agricole e allevamenti in forte contrazione e chiusure nel commercio. Con l’aggiunta però di un saldo negativo più pesante che altrove nel manifatturiero.
Il numero di aziende risulta in forte calo anche a Mantova, Gorizia, Rovigo, Ravenna, Sondrio, Belluno, Udine e Cremona. Le uniche realtà non del Meridione a chiudere il decennio in positivo sono Milano (+7,7%), Bolzano (+6,2%) e Frosinone (+4,4%).
Dall’altro lato, ci sono i territori che tra il 2013 e il 2023, invece, hanno incrementato – in termini meramente quantitativi – lo stock di attività produttive. E tra le prime venti province per aumento di imprese registrate sono quasi tutte del Mezzogiorno con un particolare incremento – superiore all’13% – a Nuoro e Napoli. Seguono Caserta, Taranto e Crotone.
Nella città metropolitana di Napoli va rilevato che il saldo positivo di 35.931 nuove imprese iscritte è per il 17,5% concentrato nel settore delle costruzioni e per il 16% nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione.
In tutto, quindi, nel Sud, si contano 64mila imprese in più rispetto al 31 dicembre 2013 iscritte nei registri delle Camere di commercio. Il saldo delle aziende registrate al Sud è salito del 3,2%.
Ma, nel dettaglio, i settori che trainano le nuove imprese del Mezzogiorno con quale forza lo fanno? Le costruzioni con un saldo positivo di 8.237 aziende (a fronte delle 32.798 perse dal Nord e le quasi 16mila sparite al Centro) e i servizi di alloggio e ristorazione con un +31.132, pari a una crescita del 25,4% (oltre il doppio dell’incremento italiano) con oltre 20mila nuovi ristoranti e 10mila nuove strutture ricettive.
I dati, insomma, raccontano un Sud che sta investendo nei servizi per rispondere a una domanda turistica in aumento. Al netto, naturalmente, del biennio pandemico. E parzialmente collegate a questo filone sono anche le attività immobiliari: hanno fatto segnare un +43,1% contro un +6% su scala nazionale.