La riforma della filiera formativa tecnologico-professionale secondo il modello 4+2 è legge. E il definitivo via libera da parte della Camera arriva in concomitanza della pubblicazione di uno studio, condotto da Prometeia e Legacoop, sul disallineamento tra domanda e offerta di lavoro nel nostro Paese: una indagine che probabilmente richiede al Governo uno sforzo ulteriore per evitare che tanti giovani e meno giovani restino ai margini del mercato del lavoro soprattutto nel Mezzogiorno.
I dati sono inquietanti: di qui al 2030, per effetto del calo demografico, mancheranno all’appello 150mila lavoratori l’anno con la conseguenza che la platea degli occupabili si ridurrà di circa 805mila unità. Altrettanto preoccupante è la statistica riguardante le difficoltà nel reperire personale: nel 2023 il 45% delle assunzioni pianificate era difficile da portare a termine, con sensibili differenze; per i lavoratori a basso livello d’istruzione, il problema è la numerosità perché sono più del 50% rispetto alla domanda; per quelli ad alto livello d’istruzione, invece, il problema è il disallineamento tra la loro specializzazione e quella richiesta dal mercato. E poi c’è il problema dei Neet: dopo la Romania, l’Italia ha la più alta percentuale di giovani che non studiano né lavorano, con punte preoccupanti in regioni meridionali come Calabria, Sicilia e Puglia.
In questo contesto si inserisce la riforma Valditara che rivede in via sperimentale i percorsi formativi degli istituti tecnici e professionali in quattro anni di studi superiori, agganciandoli al percorso biennale degli Its che hanno l’obiettivo di formare tecnici di alta specializzazione. Il diploma, però, consentirà anche l’accesso all’università o direttamente al mondo del lavoro.
La filiera introdotta a partire dal prossimo anno è costituita da specifici percorsi sperimentali quadriennali del secondo ciclo di istruzione e dai percorsi formativi degli istituti tecnologici superiori (Its Academy), oltre ai percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFp) e dai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts). Si prevedono il rafforzamento delle competenze nelle materie di base, dove i rendimenti sono più bassi per gli studenti degli istituti tecnici e professionali, e l’ampliamento delle competenze specialistiche, con maggiori attività di laboratorio, incremento delle attività in azienda e presenza tra i docenti anche di esperti provenienti dal mondo del lavoro. Nell’ambito della filiera, Regioni e Uffici scolastici regionali possono stipulare accordi per integrare e ampliare l’offerta formativa dei percorsi sperimentali e dei percorsi di istruzione e formazione professionale, in funzione delle esigenze specifiche dei territori.
Si tratta di una riforma tanto coraggiosa quanto necessaria, se si considera che la mancanza di manodopera è il primo problema per lo sviluppo aziendale, ben davanti ai costi delle materie prime, e in alcuni settori e territori lambisce addirittura il 60%. Ecco perché, come precisato dai vertici di Legacoop, occorre un cambio di mentalità: istruzione, formazione, politiche attive del lavoro sono la soluzione sia ai problemi delle persone sia del sistema produttivo. Perciò sono indispensabili interventi per adeguare le competenze alle necessità del mondo del lavoro e un approccio pragmatico e non ideologico al tema dell’immigrazione: la riforma Valditara è un primo passo, ma adesso al Governo tocca fare il secondo. Nell’interesse di tutti, a cominciare dai giovani del Sud.