229 visualizzazioni 4 min. 0 Commenti

Fondi di Sviluppo e Coesione, qualcosa dovrà cambiare

Bisogna evitare che i 48 miliardi della programmazione 2021-2027 diventino la cifra dell’ennesima occasione perduta dall’Italia e in particolare dal Mezzogiorno

Il Fondo di sviluppo e coesione (Fsc) è ormai uno dei principali motivi di scontro politico tra il governo Meloni e le Regioni amministrate dal centrosinistra, a cominciare da Puglia e Campania. Da una parte c’è il ministro Raffaele Fitto, che sottolinea la necessità di coordinare quelle risorse con gli altri fondi per lo sviluppo e col Pnrr; dall’altra le Regioni, che reclamano soldi indispensabili per assicurare incentivi alle imprese e realizzare una lunga serie di investimenti pubblici.

La questione è tornata di attualità dopo che la Puglia ha chiesto l’anticipazione di 1,66 miliardi attraverso i quali finanziare interventi urgenti in cinque ambiti: transizione ecologica, sostegno alle imprese, trasporto pubblico locale, diritto allo studio, attuazione del Pnrr.

Ma, in questa diatriba, chi ha ragione?

Per esprimere un giudizio di senso compiuto bisogna analizzare la strategia seguita dal governo Meloni. Se un tempo la programmazione degli interventi finanziati dal Fsc poggiava sui Piani di sviluppo e coesione, oggi si realizza attraverso gli Accordi per la coesione. L’obiettivo dell’esecutivo è accentuare il presidio centrale nella gestione del Fondo, individuare settori strategici sui quali indirizzare prioritariamente le risorse e rafforzare il ruolo propulsivo della cabina di regia.

Che cosa emerge, però, se si analizzano i 18 Accordi per la coesione stipulati tra governo Meloni e ciascuna Regione tra settembre 2023 (Liguria) e maggio 2024 (Sicilia)? Quegli accordi comprendono circa 2.400 interventi, di cui un migliaio finanziati in anticipazione per circa due dei 22 miliardi complessivi. Nonostante i buoni propositi del governo Meloni, però, nella nuova impostazione di Fsc e Accordi per la coesione non si notano elementi capaci di migliorare la qualità della spesa.

L’economista Piero Rubino li ha indicati con chiarezza: mancano un’analisi dei fabbisogni che giustifichi la selezione degli interventi nei vari ambiti, indicatori che consentano di monitorare l’andamento non solo finanziario ma anche realizzativo delle opere come avviene per il Pnrr, procedure di valutazione oggettiva dell’efficacia di ciascun intervento. E il risultato di questi “limiti” è l’accrescimento di quella stessa frammentazione che il governo Meloni intendeva limitare.

Basta analizzare i dati di Open Coesione: a trasporti e mobilità sono destinati 4.504 milioni, altri 3.871 ad ambiente e risorse naturali, altri 1.341 ancora a riqualificazione urbana. Tutte le restanti risorse sono suddivise tra ricerca e innovazione, digitalizzazione, competitività e imprese, energia, cultura, lavoro e occupabilità, sociale e salute, istruzione e formazione, capacità amministrativa. Il valore medio degli interventi nei settori relativi ad ambiente, trasporti e città oscilla tra 15.1 e 15.6 milioni, cioè di poco al di sopra del valore medio per tutti i 12 ambiti che è fermo a 14.2. La frammentazione è confermata dalla distribuzione degli interventi per fasce di costo: circa il 75% è al di sotto della soglia dei 10 milioni. Numeri che danno la sensazione di un collazione di iniziative e non di elenchi ragionati di interventi. A livello finanziario, invece, gli studi evidenziano un’accelerazione della spesa negli anni iniziali e un successivo rallentamento.

Insomma, al momento non sembra che sulle risorse dell’Fsc sia cambiato molto. Qualità e velocità della spesa non sono migliorate, con buona pace di Palazzo Chigi. L’unico elemento nuovo è la gestione “verticale” delle politiche di sviluppo da parte del governo Meloni. Ma sul Fsc qualcosa dovrà cambiare, ancora e possibilmente in meglio, per evitare che i 48 miliardi della programmazione 2021-2027 diventino la cifra dell’ennesima occasione perduta dall’Italia e in particolare dal Mezzogiorno.

Avatar photo
Direttore Editoriale - Articoli pubblicati: 113

Libero Professionista, impegnato oltre che sul fronte dei servizi e prestazioni connesse al tema della prevenzione degli infortuni in ambienti di lavoro, ha maturato una notevole esperienza nell’ambito delle relazioni sindacali, ed oggi è tra i fondatori di diverse realtà sindacali di carattere Nazionale.

Linkedin
Scrivi un commento all'articolo