
Le piccole e medie imprese meridionali sono circa 32mila, fatturano 154 miliardi e occupano 868mila addetti. Nello specifico, il settore industriale si ritaglia una fetta del 17,5%, il resto se lo dividono aziende di costruzioni, di servizi e di tipo agricolo. Ma secondo il rapporto Confindustria Cerved, svolto in collaborazione con Unicredit, la maggioranza di esse sono esposte ai rischi di uno shock economico.
I motivi, dopo la pandemia, sono presto detti: la guerra in Ucraina e il consequenziale aumento dei prezzi delle materie prime. Tanto basta affinché il rapporto evidenzi anche una tendenza che non accenna a rallentare: quella dell’aumento dei divari tra Mezzogiorno e il resto del Paese e, di conseguenza, quella tra l’Italia e il resto d’Europa.
Qualche dato per centrare il fenomeno: in Campania, a fine 2021, la quota dei mancati pagamenti è arrivata a toccare la soglia del 36,6% mentre il 12,2% è la quota incrementale in termini di capitalizzazione registrata sempre dalle piccole e medie imprese campane nel periodo del Covid, tra il 2019 e il 2021. In pratica, qui più che altrove, è difficile trovare risorse per riconvertire gli impianti. E a testimoniare questa difficoltà anche il fatto che per la pandemia si è lasciata sul campo una quota di oltre il 4% di aziende che sono state costrette a chiudere. Oggi, in tutto il Meridione, la quota di imprese a rischio è cresciuta dal 14,6% al 15,8% con Calabria, Sicilia e Sardegna che fanno segnare i livelli più bassi di capitalizzazione anche se bisogna dire che ci sono differenze tra settore e settore e tra regione e regione. In tutta l’area meridionale, per dirne una, si registra una forte incidenza occupazionale nei settori a rischio transizione dovuta alla presenza di distretti produttivi legati ad attività come il petrolchimico. E, soprattutto in Sardegna, Abruzzo, Puglia e Campania, il forte peso economico di questi comparti non si combina con la disponibilità di risorse finanziarie da reinvestire per la riconversione degli impianti. Diversamente, in Calabria, Sicilia e Basilicata, le cose vanno meglio con le piccole aziende che sembrano poter disporre di maggiore flessibilità e di un conseguente potenziale di indebitamento più alto.