
Il 7% del personale di Starbucks licenziato. La notizia, già nei giorni scorsi, ha fatto molto scalpore. Del resto, dal suo insediamento come ad, risalente a nemmeno un anno fa, Brian Niccol ne ha fatti di cambiamenti. L’ultimo è quello che prevede il licenziamento di ben 1.100 dipendenti per alleggerire la struttura della società e “lavorare in maniera più efficiente”.
In una lettera indirizzata al personale, il CEO ha spiegato le sue motivazioni, specificando che i nomi delle persone licenziate sarebbero stati annunciati entro mezzogiorno dell’indomani. Si salvano i team che lavorano nelle caffetterie, nei magazzini e nel settore della torrefazione.
Ma già lo scorso mese, Brian Niccol aveva alluso a un’imminente ondata di licenziamenti nell’azienda della sirena. L’operazione rientra in un più ampio piano di riorganizzazione della società, volto a “lavorare in modo più efficiente, incrementare il senso di responsabilità, ridurre le complessità e incentivare una migliore integrazione”, come ha scritto l’AD nella lettera di gennaio indirizzata al personale. Secondo le stime più recenti, i dipendenti di Starbucks sono circa 381.000 in tutto il mondo; di questi 16.000 ricoprono ruoli amministrativi, di cui 10.000 solo sul territorio statunitense.
Sono solo quest’ultime posizioni a essere interessate dai licenziamenti, che toccano il 7% del personale. “Le nostre dimensioni e la nostra struttura possono rallentarci”, scrive Niccol, “con troppi livelli, manager di piccoli team e ruoli incentrati principalmente sul lavoro di coordinazione”. Da ciò deriverebbe la necessità di un taglio drastico all’organico, il più significativo nella storia dell’azienda. I licenziamenti arrivano sulla scia di un’ondata di cambiamenti già implementati negli ultimi mesi o pianificati per il prossimo futuro. Tra questi, la fine dell’era dello scrocco: emblematico.