Il fenomeno è nato ai tempi della pandemia, quando molti ragazzi hanno dovuto lasciare in fretta e in furia il Nord per tornare ai loro paesi di origine del Sud e continuare a lavorare da remoto. Da allora, il cosiddetto South working non è stato mai archiviato. Anzi: il fatto che società di consulenza e di tecnologie dell’informazione e della comunicazione assumano a raffica nel Mezzogiorno, in sede o da remoto, racconta l’esatto opposto.
Gli ultimi esempi arrivano da Deloitte, che assume 1500 persone a Bari per creare un nuovo hub, e dalla Bip, oltre 5400 consulenti nel mondo e 600 milioni di fatturato, il cui presidente, Nino Lo Bianco, nei giorni scorsi, ha annunciato l’apertura di una sede a Napoli.
“Un primo nucleo di neoassunti sarà focalizzato sulla pubblica amministrazione, poi vedremo di sviluppare anche altri settori sul modello di quanto già fatto in Sicilia e in Puglia con l’aiuto delle università”, ha dichiarato Lo Bianco, forte del fatto che Bip ha già aperto una sede a Palermo con 117 dipendenti e una a Bari con 150 e l’obiettivo di arrivare a 180.
Ma, complice il Pnrr, Deloitte e Bip non sono le uniche società di consulenza a guardare al Sud. Anche Accenture ed Ey, infatti, stanno puntando sul Mezzogiorno.
Come mai? Marina Verderajme, presidente dell’Associazione italiana dei direttori del personale, ha avuto modo di spiegare che la diffusione del South working è dovuto a due fattori. Il primo è la diffusione delle tecnologie digitali, che ha reso possibile il lavoro da remoto. Il secondo è rappresentato dalla carenza di candidati qualificati nelle regioni del Nord. “Questo modello organizzativo – ha spiegato Verderajme – consente alle aziende di accedere a un numero più ampio di talenti allargando la ricerca su una maggiore area geografica senza la necessità di trasferimenti fisici. Così, contribuisce allo sviluppo economico e sociale del Sud”.
Anche Lo Bianco ha confermato che al Nord i talenti scarseggiano: “I laureati che escono da università come Bocconi, Cattolica e Politecnico, trovano lavoro quasi subito, così nel nostro settore si è accesa una competizione molto alta. Ma noi già da prima della pandemia abbiamo deciso di puntare sul Sud perché ci sono laureati bravi che con un breve periodo di formazione si integrano perfettamente nei nostri organici. D’altro canto, le aziende oggi hanno un’esigenza vitale da soddisfare e non ce la fanno con le risorse interne”.
Ma di quali figure professionali si va a caccia nel Mezzogiorno? “La stragrande maggioranza dei nostri clienti – ha risposto Lo Bianco – soprattutto piccole e medie aziende, ha bisogno di fare il salto definitivo nel digitale e di attrezzarsi in campi come la sicurezza informatica. Per questo cerchiamo soprattutto laureati in ingegneria e materie scientifiche, ma anche in economia e commercio, e stiamo avviando un discorso con le facoltà umanistiche poiché nella consulenza è importante avere il contributo anche di un pensiero laterale”.
Ma un assunto in Bip a Napoli, Bari o Palermo ha le stesse opportunità di carriera di uno che lavora a Milano o a Roma? “Certo: abbiamo scelto di non porre alcun tipo di vincolo geografico ai percorsi professionali poiché puntiamo ad attrarre quei cervelli del Sud che, anche di fronte a un’offerta di lavoro dignitosa, emigrerebbero lo stesso perché hanno aspirazioni più grandi”.