Anche i coworking hanno una storia. Ad inventarli fu nel 2005 un ingegnere informatico, Brad Neuberg perché era insoddisfatto della sua routine professionale. Il primo Coworking Space lo aprì a San Francisco, all’interno di un collettivo femminista. Trecento dollari al mese per due giorni la settimana che servirono a pagare l’affitto di uno spazio in cui, almeno per i primi mesi, non si presentò nessuno.
Diciannove anni dopo, chissà se Neuberg si sarebbe mai immaginato uno sviluppo così vertiginoso della sua idea.
Secondo Statista, dal 2006, la domanda di coworking è cresciuta costantemente, tanto che si prevede che, a fine 2024, gli spazi adibiti per lavorare in tutto il mondo saranno quasi 42 mila, per più di 3 milioni di persone.
Fabrizio Montanari, docente di organizzazione aziendale presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e autore di numerosi libri sul tema, a Repubblica, ha rilasciato questa dichiarazione: ” L’idea degli spazi di lavoro collaborativi in verità nasce da lontano. Basti pensare all’agorà della Grecia antica o ai caffè dell’Illuminismo, luoghi in cui persone si ritrovavano per parlare, scambiarsi e sviluppare idee. Già nel 1989, il sociologo Ray Oldenburg scrisse di un terzo luogo: dopo il primo, privato, rappresentato dalla propria casa, e il secondo, ovvero il lavoro come ambiente strutturato nei tempi e nelle relazioni. Un terzo luogo in cui spesso si finisce con il creare una comunità e che nel tempo ha assunto nella e per la società un significato sempre più articolato”.
I coworking possono diventare centri di innovazione e rigenerazione, contribuendo allo sviluppo economico e sociale di un territorio. In fondo, è l’idea che anima il progetto Poste Italiane Spazi per l’Italia, una vera e propria rete di coworking aperta a professionisti privati, aziende, università, centri di ricerca, composta da 250 sedi presenti non solo nelle città, nei distretti industriali o nelle destinazioni turistiche, ma anche nei Comuni con meno di 15mila abitanti.