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Solo una persona disabile su tre ha un lavoro

Il caso della legge 68/1999: tra le più avanzate e innovative, ma anche tra le meno rispettate

Solo una persona disabile su tre ha un lavoro. Secondo gli ultimi dati Istat, tra i circa 3 milioni di italiani con gravi limitazioni, il 32,5% ha un impiego. Una percentuale minoritaria ma comunque in leggera crescita rispetto al 29,9% del 2009.

Come per i dati generali sull’occupazione in Italia, sono le donne le più penalizzate: lavorano infatti solo il 26,7%, contro il 36,3% degli uomini.

Sta di fatto che anche quando il lavoro c’è non sempre le cose vanno nel verso giusto. Una recente indagine sul rapporto delle donne con disabilità e il mondo del lavoro, promossa dal gruppo donne della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish), ha rivelato una situazione critica fatta di scarsa inclusione e disparità.

Il 21% delle 160 donne che hanno partecipato al sondaggio ha infatti dichiarato che, sia sul fronte dell’inclusione sia su quello dell’accessibilità, il proprio luogo di lavoro non è adeguato. Tra le barriere segnalate ci sono il pregiudizio culturale e la scarsa sensibilità delle aziende sui temi dell’inclusione. Una situazione legata anche al fatto che solo nel 10,6% dei luoghi di lavoro è presente la figura del disability manager.

Le donne denunciano anche disparità nella retribuzione (18,8%) e discriminazioni legate alla condizione di disabilità che colpiscono ben il 34,8%. Preoccupante poi il dato sulle molestie: l’11% delle rispondenti ha subito molestie fisiche, verbali o psicologiche sul luogo di lavoro.

Oltre alle donne, chi fatica maggiormente a trovare un impiego sono le persone più mature, quelle tra i 45 e i 64 anni. Ben il 62,2% è inoccupato o in cerca di un impiego. Con il risultato che molti finiscono per accettare lavori poco gratificanti o rimangono fuori dal mercato del lavoro. Una situazione favorita anche dal fatto che secondo le statistiche la maggior parte delle persone che ha una disabilità con gravi limitazioni ha bassi livelli di istruzione. Nello specifico, il 57,6% possiede la licenza di scuola media, il 35% ha il diploma e solo il 7,4% è in possesso della laurea.

Eppure in Italia le norme per favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità esistono da molti anni e hanno persino anticipato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore nel 2008. La norma principale è la legge numero 68 del 1999 che ha introdotto da un lato quote di assunzioni vincolanti per le aziende (con più di 15 dipendenti) e sgravi e incentivi per i datori di lavoro, e dall’altro il cosiddetto collocamento mirato basato sull’idea di trovare il lavoro più adatto alle capacità e alle necessità della persona.

Obiettivo della legge è, almeno sulla carta, realizzare l’inclusione sociale e l’autorealizzazione di cui il lavoro dovrebbe essere veicolo. Tassi di occupazione così bassi raccontano però una realtà diversa in cui ancora prevale una cultura del lavoro decisamente poco inclusiva. L’undicesima relazione annuale al parlamento sullo stato di attuazione della legge del 1999 per il diritto al lavoro dei disabili ha recentemente svelato, per esempio, che sono molte le aziende che non rispettano gli obblighi di assunzione. Un problema legato anche al fatto che le sanzioni (196,05 euro al giorno per ogni disabile non assunto), teoricamente previste dalle legge, sono state negli ultimi anni solo poche centinaia.

 

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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