Ogni volta che una persona perde la vita sul posto di lavoro, i sindacati si indignano, i media condannano e le istituzioni promettono misure draconiane che però, nella maggior parte dei casi, restano lettera morta. È successo a proposito dell’agricoltore 59enne morto ieri nel Foggiano dopo essere caduto dal trattore, ma anche dell’idraulico 62enne ucciso dallo scoppio di un boiler e del 47enne operaio schiacciato da un camion in manovra in Salento. In tutte queste circostanze, molti si sono affannati a invocare un rafforzamento delle ispezioni. Eppure, su questa materia, c’è una riforma che avrebbe potuto segnare una svolta positiva nell’attività di controllo e che tuttavia attende di essere attuata da quasi dieci anni.
Già, perché nel 2015 uno dei decreti attuativi del Jobs Act aveva previsto una riorganizzazione unitaria degli ispettori del lavoro i cui organici, ora come allora, sono suddivisi tra Ministero, Inps, Inail e Asl. Quella norma si era prefissata l’obiettivo di unificare il personale dei primi tre nell’Ispettorato nazionale del lavoro, in modo tale da restituire autorevolezza all’attività ispettiva e concentrare la presenza degli ispettori laddove necessario. Quella norma, però, non è mai stata attuata. Il motivo l’ha spiegato il giuslavorista Pietro Ichino sulle colonne del Corriere della Sera: le resistenze interne di apparati sempre recalcitranti davanti al cambiamento.
Eppure, dopo il crollo nel cantiere dell’Esselunga di Firenze che a febbraio scorso è costato la vita a cinque lavoratori, il governo Meloni ha approvato il decreto legge 19. All’interno del testo è previsto “l’efficientamento dell’Ispettorato del lavoro”. Non si tratta, però, dell’attuazione della riorganizzazione prevista nel 2015, ma dello stanziamento di 20 milioni di euro destinati a una serie di generiche misure. Anzi, come sempre Ichino ha fatto opportunamente notare, lo stesso decreto prevede “il ripristino dei ruoli ispettivi dell’Inps e dell’Inail”, in aperta antitesi rispetto a quanto sancito nel 2015.
Al netto della pur necessaria riorganizzazione dell’attività di controllo, è indispensabile assumere più ispettori. Ricordate la tragedia di Brandizzo, in Piemonte, dove nel 2023 cinque operai che lavoravano sui binari furono uccisi da un treno in corsa? Ecco, nel distretto di Torino-Aosta, di cui Brandizzo fa parte, gli ispettori del lavoro erano appena 95, 45 dei quali deputati a controllare salute e sicurezza, a fronte di 234mila imprese: ciò consentiva di svolgere meno di un controllo ogni sei anni. È evidente che tutto ciò non basta, come non basta la patente a punti nei cantieri. Bisogna prevedere incentivi per chi utilizza strumenti tecnologici per la sicurezza, coinvolgere i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, migliorare gare d’appalto e punteggi per le aziende, adeguare i percorsi di formazione al livello di istruzione dei destinatari eliminando tecnicismi che lasciano il tempo che trovano. Ecco, tutto questo resta da fare. A meno che non si voglia continuare a contare i morti con i sindacati che si indignano, i media che condannano e i politici che promettono. Puntualmente senza alcun risultato.