
Il sindacato ha storicamente giocato un ruolo fondamentale nella tutela dei diritti dei lavoratori. Tuttavia, nell’Italia contemporanea, la sua influenza sembra ridimensionarsi sempre di più, come dimostrano i dati sulla sindacalizzazione e sulla composizione degli iscritti.
Secondo le dichiarazioni ufficiali dei sindacati, il tasso di sindacalizzazione si attesta intorno al 32-33%, mentre sondaggi indipendenti ridimensionano la cifra a un valore compreso tra il 22% e il 25%. Questo significa che, nella migliore delle ipotesi, circa il 70% dei lavoratori italiani non ritiene più necessaria l’adesione a un sindacato.
Un altro aspetto che ridimensiona la rilevanza del sindacato è la forte presenza di pensionati tra gli iscritti. La CGIL, ad esempio, su 5,16 milioni di iscritti, conta circa 2,5 milioni di pensionati, che rappresentano la maggioranza relativa all’interno dell’organizzazione. Anche la CISL, nel 2024, ha registrato 1.612.900 pensionati tra i propri iscritti, con un calo rispetto all’anno precedente. Questi numeri evidenziano una trasformazione dei sindacati in organizzazioni che rappresentano sempre meno i lavoratori attivi e sempre più chi è già fuori dal mercato del lavoro.
Nel contesto attuale (60 milioni di italiani compresi quelli non in età lavorativa, però), il numero totale di lavoratori in Italia ha raggiunto i 26,6 milioni nel 2023, secondo l’Osservatorio statistico dell’INPS. Tuttavia, secondo i dati ISTAT, gli occupati sarebbero circa 23,3 milioni. Confrontando questi dati con il numero degli iscritti ai sindacati, appare evidente che la rappresentanza effettiva dei lavoratori attivi è tutt’altro che maggioritaria.
Parallelamente, la popolazione italiana sta subendo un significativo invecchiamento: al 31 dicembre 2023 si contavano circa 16,2 milioni di pensionati. Questo fenomeno, unito alla riduzione della popolazione in età lavorativa, passata da 39,1 milioni nel 2011 a 37,2 milioni oggi, mina la sostenibilità del sistema previdenziale e rende anacronistica una rappresentanza sindacale orientata sempre più ai pensionati anziché ai lavoratori.
Di fronte a queste dinamiche, sorge spontanea una riflessione sulla reale utilità della rappresentanza sindacale nel mondo del lavoro di oggi. Con una base sempre più composta da pensionati e una fetta sempre più esigua di lavoratori attivi iscritti, i sindacati rischiano di perdere il proprio ruolo centrale nel panorama socio-economico italiano. Il mondo del lavoro si evolve rapidamente, ma il sindacato sembra rimanere ancorato a logiche del passato, poco attrattive per le nuove generazioni di lavoratori.
Piuttosto che rappresentare efficacemente chi è attualmente impiegato, molti sindacati sembrano oggi più impegnati a difendere privilegi acquisiti e a tutelare chi non fa più parte del mercato del lavoro. Questo contribuisce a rendere la loro azione sempre meno incisiva nel contesto delle nuove sfide lavorative e imprenditoriali, lasciando spazio ad altri strumenti di rappresentanza e contrattazione più flessibili e moderni.
In un’epoca di cambiamenti veloci e di nuove forme di lavoro, il sindacato rischia di diventare un’istituzione marginale se non saprà rinnovarsi profondamente per rispondere alle reali esigenze dei lavoratori di oggi.