“Sono tre miliardi e mezzo. Sono più giovani di noi, lavorano più di noi, studiano più di noi. Hanno schiere di premi Nobel per la scienza. Guadagnano stipendi con uno zero in meno dei nostri. Hanno arsenali nucleari ed eserciti di poveri. È «Cindia»: Cina e India, il dragone e l’elefante”.
Rampini è lo storico corrispondente della «Repubblica» da Pechino. Già vicedirettore del «Sole 24 Ore» e capo della redazione milanese della «Repubblica», editorialista, inviato e corrispondente a Parigi, Bruxelles, San Francisco, ha insegnato alle università di Berkeley e Shanghai. Il volume “Cindia” risale al 2006. In quel volume prefigura una superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone come destinataria del futuro, centro gravitazionale della geopolitica del mondo posto ben al di là dei confini occidentali.
Ed infatti così continua:
“Cindia non indica solo l’aggregato delle due nazioni più popolose del pianeta: è il nuovo centro del mondo, dove si decide il futuro dell’umanità. Tutto il meglio e tutto il peggio dipende da loro. Le speranze di progresso così come i rischi di catastrofi, il riscatto dalla miseria e la guerra all’inquinamento, la libertà o la repressione, la salvezza o l’orrore: la partita del XXI secolo si gioca qui”.
E se ancora non fosse chiaro:
“In totale, Cindia e i suoi paesi satelliti (le cosiddette «tigri asiatiche», ma anche il Giappone in una nuova fase di crescita economica) sono cinque volte la popolazione dell’intero continente europeo inclusa la Russia, otto volte l’Unione europea allargata a 25 membri, 13 volte gli abitanti degli Stati Uniti. Più di metà dell’umanità è concentrata in quest’area, ed è questa la metà che cresce. Cresce sia demograficamente che economicamente.
Il dragone e l’elefante si apprestano a riconquistare il posto che appartenne loro per millenni: quello delle due civiltà più antiche, più ricche, più avanzate durante gran parte della storia dell’umanità”.
L’integrazione tra i due più importanti Paesi asiatici non dipende dalla somiglianza di ordinamento politico. L’ideologia non mette e non leva e non fa differenza. Anzi si tratta di due modelli alternativi:
“L’India è la più vasta democrazia esistente al mondo, un esempio di pluralismo e di tolleranza unico per un paese di quelle dimensione. Anche la Cina sprigiona un fascino irresistibile, ma è di segno opposto: è il più imponente modello di Stato autoritario, funzionale e modernizzatore, che ha saputo in pochi decenni traghettare dalla miseria al benessere 300 milioni di persone”.
Che cosa si può aggiungere, a distanza di sedici anni? Un elemento fondamentale, che è il seguente. La Russia non è stata inglobata come ultima aggregazione del Vecchio Continente, anche se per alcuni anni è stata in predicato di entrare nell’Unione europea. Anzi la guerra e le sanzioni l’hanno irrimediabilmente spinta all’abbraccio con l’impero di Cindia, portando in dote le sue sterminate risorse energetiche e alimentari. Quindi se la guerra russo-ucraina ha acquisito le caratteristiche di uno scontro tra Nato e Federazione russa, qualunque sia l’esito del braccio di ferro, si tratterebbe solo, per dirla con Churchill, della fine dell’inizio. E tanto più se l’esercito russo fosse costretto a rientrare dietro i confini del 24 febbraio, incassando una sonora sconfitta, l’epilogo non potrebbe essere altro che diventare la terza gamba di un impero che andrebbe dai Balcani fino al Pacifico.
Ma in sedici anni sono cambiate molte altre cose. Intanto il Pil della Cina si avvicina ad ampie falcate a quello degli Stati Uniti (Il Domani). Anzi la previsione accreditata dice che la Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la più grande economia del mondo entro il 2028 (Corriere della Sera).
La crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina, nell’ambito di una rapida ascesa del paese asiatico dopo il lockdown, si avverte in tutti i campi: economico, tecnologico, militare. E ancora: il debito pubblico USA è posseduto prevalentemente da Giappone (oltre 1120 miliardi di dollari ad agosto 2019) e ancora una volta Cina (1100 miliardi). Infine nell’autunno del 2021 il segretario dell’Aeronautica degli Stati Uniti affermava che “la Cina sta vincendo la battaglia dell’intelligenza artificiale rispetto agli Stati Uniti d’America” (Formiche.net). E se è vero quanto ha ammesso, e cioè che la Cina sconfiggerà in breve tempo gli Stati Uniti d’America in questo campo ad alta tecnologia, ne consegue che tutta la tecnologia più innovativa e performante di cui ha bisogno l’esercito russo, per sostenere le guerre ibride del futuro ad alta componente cybernetica, saranno disponibili per Mosca nell’arco di cinque/dieci anni. Ecco perché non siamo alla fine e nemmeno all’inizio della fine, ma forse solo “alla fine dell’inizio”. La posta in gioco non è l’Ucraina, i suoi confini, la sua democrazia, ma l’epilogo in prospettiva della tracotante supremazia “occidentale” a guida Nato.
Pubblicato da www.ilsudonline.it