Oggi, a Torino, inizia la seconda edizione del Festival Internazionale dell’Economia e il suo direttore, l’ex presidente dell’Inps Tito Boeri, ha rilasciato una intervista alla Stampa con la quale si è soffermato su tutti i nodi dell’economia italiana. In particolare, sul tema del lavoro, si è detto d’accordo con il Governatore Ignazio Visco per l’introduzione del salario minimo e poi ha fortemente criticato il decreto Made in Italy del Governo Meloni.
Alla domanda come si esce dalla dinamica dei lavoratori poveri, Boeri l’ha messa così: “La chiave di volta è quella di incentivare un nuovo modello di contrattazione salariale. Servono stipendi legati alla produttività e più contrattazione di secondo livello, tra le aziende e i loro dipendenti. Il salario minimo? Un salario unico nazionale che superi i tanti minimi contrattuali che abbiamo oggi proteggerebbe tanti lavoratori che guadagnano 5 euro lordi l’ora. E il fatto che sia criticato dai sindacati rischia di lasciare senza protezione i lavoratori più deboli, quelli con meno tutele”.
Capitolo decreto Made in Italy: “È la cosa più antistorica che possa esistere. Tra l’altro, in tutto il testo, non ho trovato neppure la definizione di cosa sia il made in Italy. In quale perimetro ci muoviamo? Quello delle aziende italiane? Ma se penso alle caffettiere Bialetti, ad esempio, uno dei simboli dell’italianeità nel mondo, penso che sono prodotte in larga parte tra Turchia e Albania. È questo il made in Italy? O la pasta Barilla che credo arrivi dalle Americhe? Per non parlare delle biciclette. È una concezione incomprensibile del made in Italy. Capisco che si vogliano tutelare alcune aziende e industrie che si credono strategiche, ma il decreto sembra essere stato scritto nel Ventennio, quando non esisteva la globalizzazione. Oggi viviamo in un mondo alimentato dalle catene globali del valore. Se le rompiamo e imponiamo di non decentrare cicli del processo produttivo altrove, rischiamo di far aumentare i prezzi come abbiamo visto in questi anni”.