Ogni anno, il primo Maggio viene celebrato come la Festa Internazionale dei Lavoratori, un’occasione per riflettere sulle lotte storiche dei lavoratori e per promuovere i loro diritti e le loro condizioni. Tuttavia, negli ultimi tempi, questa festività sembra essersi trasformata in qualcosa di diverso: un pesce d’aprile di dimensioni globali, dove i sindacati e i politici fanno una vetrina fine a sé stessa, autocelebrandosi, mentre i veri problemi dei lavoratori vengono trascurati per il resto dell’anno.
Si parla tanto di rappresentanza e di rappresentatività, ma di chi esattamente?
Una delle principali criticità di questa festa è il suo svuotamento di significato. I sindacati e i leader politici si affacciano sui palchi pubblici per fare discorsi altisonanti sul valore dei lavoratori e sui loro diritti, ma quanto di tutto ciò si traduce effettivamente in azioni concrete e costanti per migliorare le condizioni dei lavoratori nel corso dell’anno? È triste constatare che, una volta svanita la retorica del 1 Maggio, le vere questioni che affliggono i lavoratori – come gli infortuni sul lavoro, la mancanza di formazione adeguata, le carenze di tutele e di garanzie sul posto di lavoro – rimangono invariate.
Infortuni sul lavoro? Un problema reale, ma spesso trattato solo quando gli incidenti raggiungono livelli di emergenza nazionale, per poi essere dimenticato fino all’anno successivo. La formazione? Essenziale per garantire la sicurezza e l’efficacia sul posto di lavoro, eppure spesso ignorata o affrontata con superficialità. Le tutele meritorie e le garanzie sul lavoro? Troppo spesso sottovalutate o aggirate in nome di una flessibilità che favorisce più i datori di lavoro che i lavoratori.
Il primo Maggio dovrebbe essere un momento di azione concreta e di impegno duraturo per migliorare le condizioni dei lavoratori. Tuttavia, sembra essersi trasformato in una sorta di pantomima annuale, dove i sindacati fanno un’apparizione teatrale per qualche ora, per poi tornare nel silenzio dei loro uffici per il resto dell’anno a contare il numero degli iscritti.
Se veramente ci teniamo ai lavoratori, dovremmo rendere ogni giorno un primo Maggio: un giorno in cui si affrontano costantemente e con determinazione i problemi reali che affliggono chi lavora duramente per mantenere in piedi l’economia e la società. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti, dalla retorica ai cambiamenti tangibili. Solo allora potremo restituire dignità e significato a questa festa, facendo del 1 Maggio una vera celebrazione della lotta continua per i diritti e il benessere dei lavoratori, non solo un’occasione per fare discorsi vuoti e retorica da palcoscenico.