
Dall’agricoltura agli antichi mestieri, dalla pesca al turismo, il lavoro in Sicilia racconta la storia di un popolo e le difficoltà di un presente segnato da precarietà e migrazioni.
La Sicilia è una terra che ha sempre legato il lavoro al territorio. L’isola, crocevia di popoli e culture, ha visto nascere mestieri che ancora oggi raccontano la sua storia. Qui il lavoro non è mai stato solo produzione o reddito, ma anche identità e appartenenza.
L’agricoltura resta il cuore pulsante. Gli agrumi di Sicilia, i limoni di Siracusa, le arance rosse di Catania sono conosciuti in tutto il mondo. A questo si affianca la coltivazione del pistacchio di Bronte, l’oro verde che richiede lavorazioni lente e faticose. Le vigne dell’Etna e di Marsala producono vini apprezzati a livello internazionale. Ma l’agricoltura siciliana porta con sé anche il peso della precarietà. Lavori stagionali, manodopera spesso irregolare, giovani che scelgono di partire altrove.
Un altro settore storico è la pesca. Le tonnare erano un simbolo dell’isola, con il loro ciclo di vita e di comunità. Oggi quel mondo è quasi scomparso, ma la pesca continua a occupare migliaia di lavoratori. Affronta però concorrenza estera, aumento dei costi e la questione della sostenibilità delle risorse marine.
Il turismo ha assunto un ruolo centrale. Le città d’arte, i templi, i borghi e le coste attraggono milioni di visitatori. Questo ha generato nuove opportunità, ma spesso in forme di lavoro poco stabili, con contratti a breve termine e salari bassi. L’accoglienza, la ristorazione, le guide turistiche sono il volto di un settore che porta ricchezza ma non sempre garantisce diritti.
Accanto a queste attività tradizionali, la Sicilia conosce esperienze di innovazione. Alcune start up agricole investono in prodotti biologici e nella trasformazione di eccellenze locali. In certe aree industriali, come Gela o Termini Imerese, si tenta di rilanciare dopo la crisi della grande industria. La sfida è trattenere i giovani e offrire prospettive oltre l’emigrazione.
La cultura del lavoro in Sicilia ha sempre avuto una dimensione collettiva. Le cooperative nate per gestire terreni confiscati alle mafie sono un esempio. Qui il lavoro diventa anche impegno sociale, testimonianza di una nuova economia pulita e trasparente. Allo stesso modo, associazioni culturali e realtà locali cercano di valorizzare mestieri antichi, dall’artigianato della ceramica di Caltagirone alla lavorazione dei pupi siciliani, riconosciuta patrimonio dell’UNESCO.
Raccontare il lavoro in Sicilia significa raccontare contrasti. Da una parte la ricchezza delle risorse e delle tradizioni, dall’altra la fragilità di un mercato che spesso non premia chi vive e produce sull’isola. Molti lavoratori portano sulle spalle il peso della precarietà, ma anche l’orgoglio di custodire saperi unici.
Oggi la sfida è duplice. Dare continuità alle radici del lavoro tradizionale e aprire spazi di crescita in settori nuovi, capaci di garantire stabilità. La Sicilia resta una terra di partenze e ritorni, ma ogni volta che un giovane sceglie di restare o di rientrare, porta con sé la speranza che il lavoro torni a essere non solo sopravvivenza, ma futuro condiviso.