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Come chiedere l’aumento di stipendio al proprio capo?

Se il lavoratore si mette in gioco e dimostra di essere disposto a impegnarsi allora la sua richiesta diventa inattaccabile

Di questi tempi chiedere l’aumento di stipendio può servire a due obiettivi (e uno non esclude l’altro): vedersi riconosciuti i propri meriti e recuperare potere d’acquisto visto che negli ultimi anni l’inflazione ha eroso la capacità delle persone di pagare affitto o mutuo, fare la spesa e concedersi tanti o pochi sfizi. Il caro vita è da tempo uno dei temi chiave del dibattito pubblico nel nostro Paese. Quel che si può fare come singoli è cercare di migliorare la propria situazione nel concreto.

Torcha ha passato in rassegna alcuni consigli su cosa bisognerebbe fare per chiedere (e sperabilmente ottenere) l’aumento dal proprio datore di lavoro. Non è una strada semplice e chi pensa di guadagnarselo dicendo semplicemente “perché me lo merito…” rischia di uscire male male da un brutto colloquio col responsabile.

Ciascun lavoro, ciascuna professione ha prerogative, competenze e capacità particolari. Un’azienda può pagare x una figura che magari altrove viene pagata di più. Ragione per cui parecchie persone negli ultimi anni hanno praticato il job hopping – ne abbiamo trattato su “In Corso” – per guadagnare di più cambiando spesso azienda. Online c’è uno strumento che consente di paragonare gli stipendi e capire meglio come è il quadro generale.

Glassdoor è un portale che non solo permette di capire di più su un’azienda direttamente da chi ci lavora o ci ha lavorato. C’è anche la possibilità di ottenere una stima di quello che dovrebbe essere il nostro stipendio in base al tipo di lavoro e alla città. Si tratta di uno strumento che può anzitutto fare capire se la busta paga è davvero troppo basso rispetto a quello di altri colleghi.

Un altro passaggio utile sarebbe consultare le risorse umane o confrontarsi con i colleghi per capire se esiste una differenza a parità di mansioni e anzianità. Fa parte della fase preparatoria, da non sottovalutare proprio per arrivare alla riunione con il responsabile avendo in mano dati a supporto della richiesta.

Il consiglio degli esperti è evitare di spiegare la ragione per cui si chiede l’aumento con frasi generiche riguardo ad esempio alla fatica fatta nell’ultimo periodo così come all’ottimo lavoro svolto che, allerta spoiler, non vale purtroppo come condizione sufficiente. Occorre arrivare con esempi concreti, che mettano in luce l’impegno per l’ottenimento di un risultato aziendale.

Un altro aspetto da considerare è che difficilmente si otterrà un aumento in tempi rapidi se prima non c’è stato alcun confronto in merito. L’aumento di stipendio può invece essere il culmine di un percorso concordato con il proprio capo, datore di lavoro o responsabile: se nel giro di un anno saranno raggiunti determinati risultati questo faciliterà un dialogo, una preparazione e dunque maggiore disponibilità anche da parte dell’impresa.

Se il lavoratore si mette in gioco e dimostra di essere disposto a impegnarsi allora a quel punto la sua richiesta diventa inattaccabile. Inutile dire che bisogna essere realisti con le idee di aumento, ma è anche pericolosa la tendenza inversa, ovvero quella di chiedere un aumento troppo basso rispetto a quello che si potrebbe ottenere. Senza sparare troppo in alto, è giusto fare una proposta in linea con i propri desideri.

E se il capo dice di no? In tal caso dipende dal rapporto che c’è con l’azienda. Se al no segue la voglia di guardarsi intorno e valutare opzioni più interessanti, le possibilità sono infinite; in alternativa è sempre lecito rilanciare e chiedere che sia l’impresa stessa a dire che cosa occorre allora fare per meritarsi l’aumento. Dipende ovviamente dalla voglia di restare nello stesso posto.

Questo è un insieme di consigli pratici per prepararsi a una simile richiesta. C’è poi da considerare il quadro generale.

L’Italia purtroppo non è il Paese che in Europa può vantare un percorso virtuoso sul tema crescita degli stipendi e più in generale del reddito. Secondo i dati di Eurostat tra il 2004 e il 2024 il reddito pro capite reale è calato del 3,9%. Peggio di noi ha fatto soltanto la Grecia (-5,1%). Altrove come è andata? Negli altri Paesi europei in 20 anni è cresciuto del 22%.

C’entra senz’altro la produttività delle nostre aziende, ma non si può trascurare un altro fattore che pesa sui non sempre entusiasmanti stipendi italiani: il costo del lavoro. Secondo l’Ocse nel 2024 il cuneo fiscale è salito al 47,1%, cifra che ci pone in quarta posizione dietro Belgio, Germania e Francia.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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