
Nei primi nove mesi di attività, l’Autorità garante dei diritti delle persone con disabilità ha ricevuto oltre 1.000 segnalazioni. È uno dei dati più interessanti, e in parte preoccupanti, emersi durante l’evento della scorsa settimana “La Carta di Solfagnano a un anno dal G7. Il punto sulle priorità” organizzato dal ministero delle Disabilità al Castello di Solfagnano (Pg).
Solo in parte preoccupanti perché, come sottolinea il ministro Alessandra Locatelli, se è vero che la strada verso l’inclusione è ancora lunga, è innegabile che il percorso sia stato tracciato. “Il G7, il primo dedicato alla disabilità, è stato un momento storico – dice Locatelli – Ma rappresenta una tappa per la costruzione di un cambio culturale e non un punto d’arrivo”.
Spostare il focus dai limiti alle potenzialità, considerare le persone disabili come un investimento e non come un costo. Un cambio di prospettiva che un anno fa, proprio fra le mura di questo castello che domina le campagne umbre, è stato condiviso dai ministri competenti dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Il risultato è la Carta di Solfagnano articolata in otto punti – inclusione, accessibilità, vita autonoma, valorizzazione dei talenti, promozione delle tecnologie, sport, servizi e gestione delle emergenze – e fortemente voluta dal ministro Locatelli. Che ha confermato, entro l’anno, l’attivazione del bando da 370 milioni di euro per progetti degli enti del terzo settore legati a lavoro, soluzioni abitative e tempo libero e; e l’approvazione del nuovo piano di azioni per l’inclusione delle persone con disabilità.
In Italia lo strumento mettere a terra i principi della Carta di Solfagnano è la riforma prevista dal Decreto legislativo 62/2024, il cui pilastro è rappresentato dal Progetto di vita: un piano individuale che una volta a regime integrerà gli interventi sanitari, sociali, educativi e lavorativi per garantire autonomia e pari opportunità alle persone disabili. La sperimentazione è già stata avviata in 20 province, nel 2026 si allargherà a 60 province e l’anno successivo diventerà operativa su tutto il territorio nazionale.
“È una “rivoluzione copernicana” che necessita di tempo, innanzitutto per fornire agli operatori strumenti che ancora non posseggono”, spiega Serafino Corti, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. “La sperimentazione sarà molto utile per farci un’idea più chiara della platea e delle criticità più importanti”.
Un’altra novità prevista dalla riforma è l’attivazione, dal primo gennaio 2025, dell’Autorità garante dei diritti delle persone con disabilità. “Le criticità sono tante ed è inutile negarlo”, spiega il presidente Maurizio Borgo (l’Autorità è composta anche da Antonio Pelagatti e Francesco Vaia, ndr).
“Da gennaio a oggi abbiamo ricevuto tramite oltre mille segnalazioni in ambito lavorativo e scolastico, fra cui molte riguardanti la presa in carico a livello socio-sanitario. Visto che il sito istituzionale è stato inaugurato a settembre, ci aspettiamo che questo numero cresca esponenzialmente”.
“Il Garante – prosegue Borgo – interviene per trovare un accomodamento ragionevole oppure, se valuta che il problema sia sistemico, chiamando in causa il legislatore. Un esempio? Se un bambino con disabilità necessita dell’intervento di un terapeuta in classe, oggi occorre che tutti firmino il consenso. In casi come questo, però, il diritto a ricevere la terapia e partecipare alle attività scolastiche deve prevalere sulla privacy”.
L’evento di Solfagnano ha coinvolto anche le due principali federazioni che si occupano di disabilità, Fish (Federazione italiana per i diritti delle persone con disabilità e famiglie) e Fand (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità). Pragmatica la considerazione di Vincenzo Falabella, presidente della Fish: “Un progetto di vita costa in media 25.000 euro. Ipotizzando che una persona disabile su tre, quindi 1,5 milioni, ne faccia richiesta, per metterlo realmente a sistema serviranno circa quattro miliardi di euro”.
“È chiaro che una somma del genere non può essere messa in campo da un giorno all’altro – prosegue Falabella – ma ci aspettiamo che già dalla prossima Legge di Bilancio il Governo cominci ad accantonare una cifra che permetta, in otto o nove anni, di dare applicazione alla riforma”.