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Ora custodiamo la pace, con la ragione e non con le armi

Affinché sia duratura, deve poggiare sulla cultura, sul dialogo, sulla consapevolezza che nessuna ragione potrà mai giustificare di nuovo la violenza

Oggi, di fronte alla firma storica dell’accordo che pone fine alla guerra a Gaza, il mondo intero ha un’occasione rara e preziosa: trasformare il silenzio dei cannoni in una riflessione profonda.

La guerra è finita, ma la pace non nasce da sola.
Va custodita, protetta e difesa con la stessa determinazione con cui, per troppo tempo, si è combattuto.

È il momento di voltare pagina, e di farlo davvero.
È il momento di dire basta alla strumentalizzazione degli accadimenti, basta alle narrazioni costruite per dividere, per orientare le emozioni e distorcere i fatti.

Perché la pace non si costruisce con le voci urlate, con i giudizi improvvisati o con le masse aizzate dalla paura e dall’odio.
La pace si costruisce con la conoscenza, il buon senso e la diplomazia neutrale — quella che ascolta prima di parlare, che media prima di accusare, che cerca la verità e non il consenso.

Non possiamo permettere che la vigilanza sulla pace diventi una nuova forma di conflitto.
Sorvegliare la pace significa garantirne il rispetto, non sostituire le armi con altre minacce, non cambiare i fronti ma cambiare mentalità.
Significa impedire che la storia venga riscritta per convenienza, o che le ferite di popoli interi diventino argomento di schieramento.

La pace è di tutti, non di una parte.
Oggi abbiamo il dovere morale di scegliere la via della ragione, di educare alla conoscenza e non al rancore, di insegnare che la vera vittoria non è distruggere l’altro, ma comprenderlo.
Che chi non conosce, non giudichi; che chi non ha studiato la complessità dei fatti non si improvvisi narratore; che la parola “pace” torni a significare convivenza e rispetto, non silenzio armato.

La pace non si mantiene con la paura, ma con la fiducia.
Non con le armi puntate, ma con le mani tese.
E affinché sia duratura, deve poggiare sulla cultura, sul dialogo, sulla consapevolezza che nessuna ragione potrà mai giustificare di nuovo la violenza.

Che questo giorno non sia soltanto la fine della guerra, ma l’inizio di una nuova responsabilità collettiva: quella di vigilare, ogni giorno, con la mente lucida e il cuore saldo, perché la pace viva e cresca — non come tregua, ma come valore assoluto e condiviso.

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Autore - Articoli pubblicati: 208

Segretario Generale Confederazione SELP

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