
C’è chi pensa che la cultura sia un lusso. Una cosa da turisti o da centri storici da instagrammare. In Puglia, invece, è qualcosa di molto più concreto: è territorio, è resistenza, è lavoro. A volte anche precario, mal pagato e ignorato dalla politica. Ma lavoro.
Prendiamo i festival. Ogni estate i borghi si riempiono di musica, teatro, libri. Sembra tutto leggero, ma dietro c’è gente che fatica: fonici, tecnici, grafici, guide, cuochi, camerieri, produttori locali. Non è intrattenimento, è economia reale.
Oppure guardiamo il cinema. Grazie all’Apulia Film Commission la Puglia è diventata un set per serie TV e film italiani e stranieri. Ma non è solo una questione di immagine. Le troupe dormono, mangiano, comprano, assumono gente sul posto. Anche questo è lavoro. E intanto, i giovani imparano un mestiere.
Poi ci sono le aziende agricole che hanno capito che non basta produrre olio o vino. Raccontano la loro storia, aprono le porte, fanno eventi, accolgono turisti e scuole. Fanno cultura. Fanno reddito. Alcuni trasformano vecchie masserie in centri culturali, altri organizzano workshop, concerti, laboratori per i bambini.
E i giovani? Una parte se n’è andata. Ma un’altra parte torna. E torna proprio per investire su cultura e territorio. Aprono librerie, fanno festival, organizzano visite nei borghi, creano cooperative. Cercano una vita dignitosa partendo dalle radici.
Non sempre ce la fanno. Spesso si scontrano con burocrazia, mancanza di fondi, bandi scritti male. Ma provano.
Il problema è che la cultura, in Puglia, funziona non grazie al sistema, ma nonostante tutto. Nonostante le istituzioni a volte assenti, le risorse tagliate, i contratti a progetto, i pagamenti in ritardo. Nonostante tutto, c’è chi resta. C’è chi costruisce.
Serve più rispetto. E più coraggio.
Chi fa cultura in Puglia non vuole solo visibilità. Vuole stabilità, strumenti, incentivi. Vuole che la politica capisca che investire sulla cultura non è fare beneficenza, ma economia. E che creare eventi, restaurare un bene, tenere vivo un teatro è come costruire una strada o un ponte. Porta movimento, lavoro, dignità.
La cultura non è l’alternativa al lavoro. È il lavoro. Specialmente qui.
E in una regione come la Puglia, dove la disoccupazione giovanile è ancora alta e interi territori rischiano lo spopolamento, cultura e territorio possono essere una risposta vera. Ma bisogna crederci fino in fondo.