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C’era una volta il turn over: nei prossimi dieci anni finiremo nei guai

Sei milioni e centomila persone lasceranno il lavoro ma non ci sono abbastanza giovani per sostituirle

Sei milioni e centomila persone lasceranno il lavoro in Italia nei prossimi dieci anni e non ci sono abbastanza giovani per sostituirle.

L’Inapp – Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche – parla di “esodo generazionale” per descrivere il pensionamento dei baby boomer, che rischia di mettere sotto pressione il sistema di welfare. L’allarme è stato lanciato dal presidente Natale Forlani in un’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali della transizione demografica.

La popolazione italiana in età da lavoro crollerà di oltre un terzo entro il 2060, con “inevitabili conseguenze” su crescita economica, welfare e sostenibilità della spesa pubblica, se non si interviene subito. Gli effetti dell’esodo sono già visibili: le aziende denunciano difficoltà a trovare personale, la spesa pensionistica è destinata a salire fino al 17% del Pil entro il 2040 e oltre 4 milioni di over 65 non autosufficienti necessitano di assistenza continuativa, ma solo il 7,6% è accolto nelle Rsa.

Di fronte a un fenomeno di questa portata, allungare l’età del pensionamento, limitando le forme di ritiro anticipato e innalzando gradualmente i requisiti, “non è risolutivo”, avverte Forlani, che indica due priorità: rigenerare la popolazione attiva – portando sul mercato del lavoro donne, giovani, anziani ancora attivi e immigrati regolari – e rendere sostenibile la spesa sociale. L’indicazione è di differenziare le politiche per la terza età, distinguendo tra anziani attivi e non autosufficienti, rafforzare i servizi di prossimità e riformare l’assistenza.

Il tema della cura, in senso ampio, rappresenta per Forlani uno snodo cruciale: serve a rispondere ai bisogni crescenti di una popolazione che invecchia, ma anche a generare nuove opportunità di sviluppo economico e occupazionale. Fondamentali anche “politiche di genere” per liberare il potenziale dell’occupazione femminile. Sono 7,8 milioni le donne tra i 15 e i 64 anni fuori dal mercato del lavoro e, tra queste, oltre 1,2 milioni dichiarano di voler lavorare, soprattutto in regioni del Sud come Campania e Sicilia, dove più del 23% delle inattive è disponibile.

Per ridurre i fattori di scoraggiamento occorre intervenire sul tema della cura: l’80% delle donne che non lavorano né cercano impiego, nelle fasce centrali d’età, cita motivi familiari. Proprio le madri mostrano la maggiore disponibilità ad adattarsi ai lavori offerti. E sono circa la metà le donne che accetterebbero un impiego anche con salari inferiori a 1.000 euro netti al mese.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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