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Il lavoro non salva dalla povertà: i dati Istat

Oltre il 18% delle famiglie operaie si può definire povera: i salari bassi lasciano il segno

L’Istat ha diffuso i dati sulla povertà assoluta: sono davvero preoccupanti perché restituiscono l’immagine di un Paese in cui il lavoro non basta più per vivere dignitosamente.

Nel 2024 oltre 5,7 milioni di persone (il 9,8% della popolazione) e 2,2 milioni di famiglie sono in povertà assoluta, una quota stabile nonostante l’aumento dell’occupazione.

Inoltre, tra le famiglie con persona di riferimento occupata, la povertà resta elevata (8,7% tra i dipendenti, 15,6% tra gli operai), segno di un mercato del lavoro segnato da precarietà e salari troppo bassi.

Il dato più grave, in ogni caso, riguarda i minori in povertà assoluta, il valore più alto degli ultimi undici anni. La povertà cresce al crescere del numero dei figli: una coppia con tre figli ha un rischio quasi triplo rispetto a una con un solo figlio.

Questi numeri confermano che fare figli in Italia è diventato un lusso.

Drammatici anche i dati sulle famiglie con minori e persona di riferimento operaio o impiegato (18,7% in povertà) e sulle famiglie di soli stranieri con minori, povere nel 40,5% dei casi, cinque volte tanto rispetto a quelle di soli italiani.

L’Assegno di inclusione, che avrebbe dovuto sostenere i nuclei più fragili, non sembrerebbe stare incidendo dove servirebbe di più.

Serve una svolta, quindi. Il Pd propone una legge sul salario minimo per contrastare il lavoro povero e rafforzare la contrattazione collettiva nazionale, un sostegno maggiore alle famiglie con figli, con un incremento strutturale dell’assegno unico, una revisione delle misure contro la povertà recuperandone la dimensione universalistica e superando i gravi squilibri dell’Assegno di inclusione.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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