239 visualizzazioni 5 min 0 Commenti

Agenzia delle Entrate sotto accusa, ma serve molto più di un comunicato

Uniti e Codacons portano a galla la crescente pressione fiscale e la paura dei contribuenti. Ma non basta: serve un pressing per una riforma complessiva

Il comunicato diffuso da UNITI e CODACONS il 2 dicembre 2025 porta finalmente a galla ciò che molti contribuenti vivono da mesi: una pressione crescente e spesso ingiustificata da parte dell’Agenzia delle Entrate–Riscossione, fatta di solleciti, preavvisi di esecuzione forzata e comunicazioni che evocano pignoramenti imminenti anche quando non vi sono i presupposti per procedere.

Una denuncia necessaria, supportata da fatti concreti, che però lascia emergere una questione più ampia: non basta più limitarsi a chiedere “stop” e “sospensioni temporanee” alla riscossione. Serve una riforma strutturale del rapporto tra contribuente e Stato.

Una pressione fuori tempo massimo

Nel comunicato, UNITI e CODACONS segnalano che l’Agenzia delle Entrate avrebbe intensificato le comunicazioni minacciose proprio nei giorni precedenti l’introduzione della Rottamazione-quinquies, misura che permetterà di estinguere i debiti con condizioni più favorevoli.

In pratica, a ridosso di una norma di pacificazione fiscale, ADER avrebbe scelto la strada opposta: accelerare, mettere fretta, prospettare esecuzioni forzate prima dell’entrata in vigore della nuova possibilità di regolarizzazione.

Un comportamento descritto come: “aggressivo” e “inopportuno”, contrario ai principi di buona fede e lealtà amministrativa; lesivo del concetto, spesso sbandierato, di “fisco amico”.

Si tratta di critiche non solo fondate, ma che fotografano una realtà sistemica: il cittadino non viene visto come soggetto da accompagnare alla regolarità, ma come bersaglio da colpire prima possibile.

Il paradosso della riscossione “preventiva”

UNITI e CODACONS denunciano un fatto grave: molte delle intimazioni inviate da ADER riguardano atti già destinati a rientrare nella futura Rottamazione-quinquies. Il che significa, in termini pratici: si procede verso il pignoramento pur sapendo che entro poche settimane il contribuente potrà sanare la propria posizione con un costo inferiore e senza ricadute patrimoniali drastiche.
Si tratta, come sottolinea UNITI, “di una violazione del principio di buona fede e del senso stesso della pacificazione fiscale”

È una critica forte, ma necessaria. Perché se lo Stato stesso si muove in modo contraddittorio rispetto alle norme che sta per introdurre, il sistema non è solo inefficiente: diventa incoerente.

Il rischio psicologico, oltre a quello economico

Il comunicato mette in evidenza anche un altro aspetto troppo spesso ignorato: l’impatto emotivo e psicologico sui contribuenti. Il linguaggio di ADER è tecnico ma intimidatorio, soprattutto per famiglie e piccole imprese già colpite da crisi, rincari e difficoltà economiche.

Ricevere continuamente solleciti, preavvisi e minacce di pignoramento è una forma di pressione che non può essere derubricata come “ordinaria amministrazione”.

UNITI e CODACONS lo definiscono giustamente un “accanimento” .

Le richieste delle associazioni: giuste ma insufficienti

UNITI e CODACONS chiedono l’immediato stand-by della riscossione coercitiva sugli atti che rientreranno nella rottamazione;
un tavolo di confronto per ridefinire le procedure di comunicazione di ADER.

Sono richieste corrette, ma non risolutive. Perché il problema non è soltanto cosa ADER fa oggi, ma come è strutturata la riscossione in Italia:
produce norme di pace fiscale ogni 2-3 anni; nel frattempo continua una riscossione “muscolare”; invia milioni di comunicazioni automatiche; non distingue tra evasore strutturale e contribuente in seria difficoltà; ignora il principio di proporzionalità.

Perché serve altro: cosa manca davvero.

Il comunicato ha il merito di rompere il silenzio e denunciare il problema, ma la questione è molto più ampia.
Per affrontarla davvero occorrono almeno quattro interventi strutturali:
1. Un sistema stabile di regolarizzazione, non sanatorie occasionali. Il contribuente deve sapere oggi come può rimettersi in regola tra sei mesi, non attendere l’ennesima rottamazione straordinaria.

2. Procedure ADER trasparenti e proporzionate. Non è accettabile che lo Stato minacci esecuzioni su debiti di poche centinaia di euro, spesso annullabili con una misura imminente.

3. Un controllo politico e amministrativo sulle comunicazioni automatiche. Le lettere “preconfezionate” vanno limitate e calibrate. Oggi generano panico, non compliance.

4. Una riforma vera dello Statuto del Contribuente. Oggi è un testo senza sanzioni: viene citato ma non rispettato.
bene la denuncia, ma ora serve un cambio di paradigma.

UNITI e CODACONS hanno acceso un faro necessario su una prassi che rischia di minare ulteriormente la fiducia tra cittadini e istituzioni. Ma un comunicato stampa, per quanto incisivo, non può bastare. Se la riscossione resta aggressiva, disordinata, contraddittoria, incoerente con le norme imminenti, l’Italia non avrà mai un vero “fisco amico”, ma solo un sistema che alterna rigidità e condoni.

La denuncia è un primo passo. Il secondo — indispensabile — è costruire un modello diverso, che favorisca la regolarità, non la paura.

Avatar photo
Direttore Editoriale - Articoli pubblicati: 195

Libero Professionista, impegnato oltre che sul fronte dei servizi e prestazioni connesse al tema della prevenzione degli infortuni in ambienti di lavoro, ha maturato una notevole esperienza nell’ambito delle relazioni sindacali, ed oggi è tra i fondatori di diverse realtà sindacali di carattere Nazionale.

Linkedin
Scrivi un commento all'articolo