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Precari storici, l’anomalia italiana che la politica non risolve

Anni di supplenze e promesse mancate: lo Stato usa i docenti ma non li stabilizza

Anni di promesse, contenziosi giudiziari e polemiche. Di una riforma del metodo di reclutamento, però, nemmeno l’ombra. E nel frattempo si continua a pagare milioni di risarcimento a docenti e personale Ata. È tutta qui l’anomalia dei precari storici della scuola pubblica italiana: lo Stato se ne serve per coprire le cattedre e assicurare il diritto dei giovani allo studio, lascia intravedere loro la prospettiva di un lavoro stabile, ma alla fine continua ad abusare dello strumento del contratto a tempo determinato. E così ogni anno scolastico comincia e si conclude tra contese e recriminazioni.Eppure l’Europa ha più volte “bacchettato” l’Italia su questo fronte. Nel 2019 la Commissione di Bruxelles aveva avviato una procedura d’infrazione contro il nostro Paese. Il motivo? La legge nazionale non preveniva né sanzionava l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico. Governo e Parlamento hanno tentato di sanare questo vulnus nel novembre 2024 con l’approvazione della legge 166, che prevede un indennizzo da 4 a 24 mesi dell’ultima retribuzione per i lavoratori della Pubblica Amministrazione che abbiano subito l’abuso di contratti a tempo determinato. A cominciare, ovviamente, dal personale scolastico.
Gli effetti di questa misura si sono fatti sentire: la nuova legge ha spalancato le porte del risarcimenti a 400mila precari con più di tre anni di servizio alle spalle, dando loro la possibilità di recuperare fino a 24 buste paga. In precedenza, nei mesi di luglio e agosto 2024, la somma dei risarcimenti a favore dei docenti e del personale Ata aveva toccato quota un milione e 564mila euro che avevano portano a circa nove milioni e 600 mila euro il totale delle somme recuperate a favore del personale scolastico a partire da gennaio: un risultato frutto di circa 4mila cause portate avanti e vinte dai docenti precari, assistiti dai sindacati, in svariati Tribunali d’Italia. Ma, per quanto positiva, una misura come la legge 166 è sufficiente per correggere questa anomalia tutta italiana? La risposta, ovviamente, è negativa. Tanto che sono stati gli stessi precari della scuola, riuniti in un comitato, a indirizzare una petizione al Parlamento europeo per sollecitare un intervento dell’Unione. Nel testo si stigmatizzava la mancanza di qualsiasi strumento diretto a risolvere il problema del precariato e la tendenza a favorire forme di abuso dei contratti a tempo determinato che relegano il personale scolastico in una condizione di incertezza senza alcuna via d’uscita. Di qui la critica a un assetto normativo ritenuto discriminatorio anche perché incapace di valorizzare un elemento fondamentale come l’esperienza pregressa dei docenti.
Insomma, la legge 166 non basta. Ciò che è indispensabile, dunque, è ridurre il numero dei precari riformando il metodo di reclutamento del personale scolastico, che invece dovrebbe procedere su un doppio canale: i concorsi ordinari e le graduatorie per titoli ed esperienza per i docenti con un lungo periodo di precariato. Solo in questo modo l’Italia, oltre a evitare le procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, può garantire il diritto di docenti e personale scolastico a un lavoro stabile ed cancellare una disuguaglianza troppo a lungo tollerata.

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Direttore Editoriale - Articoli pubblicati: 180

Libero Professionista, impegnato oltre che sul fronte dei servizi e prestazioni connesse al tema della prevenzione degli infortuni in ambienti di lavoro, ha maturato una notevole esperienza nell’ambito delle relazioni sindacali, ed oggi è tra i fondatori di diverse realtà sindacali di carattere Nazionale.

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