
Uno studio dell’Osservatorio Jobiri praticato su 1015 giovani italiani tra i 18 e i 27 anni, ha dimostrato come l’Intelligenza artificiale stia già cambiando i loro destini. Tra entusiasmo, paure e divari che rischiano di spaccare in due il Paese. I numeri che fanno tremare (e riflettere) sono questi. Il 58% degli studenti usa già l’I.A. per scrivere CV e lettere di presentazione. Addio curriculum “fatto a mano”: ora si entra nel lavoro con l’aiuto degli algoritmi. Il 56% teme di essere sostituito dalle macchine: la paura di un futuro senza lavoro bussa alle porte di più di 1 giovane su 2. Il 64% degli studenti universitari del Nord utilizza l’I.A. ogni settimana, contro appena il 39% nel Sud e nelle Isole. Il 75% ha imparato da solo, tramite auto apprendimento o passaparola tra amici.
Dal Nord che vola al Sud che resta indietro: l’Italia, secondo Jobiri, è spaccata dall’I.A: “Mentre al Nord quasi 1 giovane su 5 dichiara di usare l’I.A. ogni giorno, al Sud oltre 6 su 10 ammettono di non usarla quasi mai. Un divario che non è solo tecnologico, ma rischia di diventare una nuova barriera sociale e lavorativa”.
E quindi: tra entusiasmo e ansia, non si può non registrare una doppia faccia della rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale. Essa è amata perché velocizza i compiti (62%) e dà risposte immediate (55%). Ma, al tempo stesso, spaventa più di 1 giovane su 2 che teme che l’I.A. avrà un impatto sul posto di lavoro. Molti, inoltre, denunciano il rischio di un’omologazione: CV e candidature sempre più simili, generate dagli stessi algoritmi.
Fatto sta che l’I.A. non è più solo un supporto allo studio: sta ridisegnando l’intero percorso di ingresso nel mondo del lavoro. Il 58% dei giovani la utilizza per scrivere il CV, trasformando il curriculum in un documento “assistito dagli algoritmi”. Il 42% la usa per prepararsi ai colloqui, simulando domande e risposte.
Un tempo questi passaggi erano considerati personali e irripetibili, oggi diventano campi di sperimentazione tecnologica. È un salto nel vuoto o l’inizio di un nuovo modo di candidarsi, dove a contendersi il posto non sono più solo i giovani, ma anche i loro “alleati artificiali”?
Claudio e Roberto Sponchioni, fondatori di Jobir, commentano i risultati della loro ricerca così: “Essa ci dice che l’I.A. è già nella vita dei
giovani, ma non in modo strutturato. La stanno imparando da soli, a volte improvvisando, e questo rischia di creare nuove disuguaglianze. Per questo, non possiamo lasciare che la Generazione Z affronti questa sfida senza guida e strumenti. È il momento di unire tecnologia e umanità, altrimenti rischiamo di perderci un’intera generazione di talenti”.