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Giovani imprenditori, in 13 anni l’Italia ha perso 193mila imprese under 35

L’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio al Forum nazionale che si è tenuto a Milano

La sedicesima edizione del Forum Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confcommercio, uno degli appuntamenti più attesi per il mondo imprenditoriale under 42, quest’anno ha richiamato a Milano oltre 400 giovani imprenditori da tutta Italia, offrendo un’occasione di dialogo tra imprese, politica, istituzioni, mondo accademico e sociale.

Nel corso dei lavori, è stata presentata l’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio “L’importanza dei giovani imprenditori per la crescita economica” secondo cui, tra il 2011 e il 2024, l’Italia ha visto scomparire 193mila imprese guidate da under 35, di cui oltre 87mila nel Mezzogiorno.

Si tratta di un calo del 30,6%, molto più marcato rispetto alla riduzione complessiva delle imprese, ferma al 4,2%.

La quota di imprese giovanili è scesa dall’11,9% del 2011 all’8,7% odierno, con una perdita di 3,2 punti percentuali. Secondo le stime, se la percentuale di imprese guidate da giovani fosse rimasta invariata, il Pil italiano oggi sarebbe tra i 49 e i 65 miliardi di euro più alto. Il legame tra occupazione giovanile e imprenditoria è evidente: i giovani lavorano soprattutto nelle imprese con meno di cinque anni di vita e a prevalente conduzione giovanile. Queste aziende mostrano maggiore propensione agli investimenti in tecnologie digitali e registrano performance migliori in termini di fatturato, occupazione e crescita nel medio periodo. Per invertire la tendenza, due strumenti principali risultano fondamentali: incentivi e regimi fiscali agevolati, in grado di ridurre il costo di avvio di un’attività; e un miglioramento del contesto generale, con accesso facilitato al credito. Le start-up giovanili, infatti, presentano rischi maggiori e costi finanziari più elevati, rendendo indispensabili strumenti pubblici di garanzia. Favorire l’imprenditoria giovanile non è solo un vantaggio per i singoli imprenditori: produce effetti positivi sull’intera collettività. Senza un intervento mirato dello Stato, il numero di imprese giovanili sarebbe inferiore a quello socialmente ottimale.

Commentando i risultati dell’indagine, il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha sottolineato che “L’Italia ha bisogno di investire nei giovani imprenditori per ritrovare crescita, occupazione e fiducia. Per sostenere questo investimento serve un contesto generale favorevole, la diffusione tra le nuove generazioni dell’utilizzo dei grandi contratti collettivi del lavoro che tutelano lavoratori e imprese e infine incentivi e regimi agevolati, che riducano in particolare il carico fiscale. Una tassazione troppa alta riduce infatti la propensione al rischio, a cominciare da quello che anima l’attività d’impresa. Senza nuove energie imprenditoriali, il Paese rischia di invecchiare non solo demograficamente ma anche economicamente e culturalmente”.

Il Presidente Giovani Imprenditori di Confcommercio, Matteo Musacci, ha affermato: “L’Italia non può permettersi di rinunciare a tutto il contributo che i giovani imprenditori possono dare al Paese e al suo futuro. Le imprese giovanili assumono infatti più giovani, investono di più in digitale e crescono più velocemente. Sia che si tratti di accogliere un’eredità imprenditoriale con il passaggio generazionale, sia che si tratti di cominciare una nuova impresa, i giovani imprenditori sono una spinta naturale del sistema Paese all’innovazione, alla sostenibilità e alla crescita. Abbiamo deciso di dedicare il XVI Forum dei Giovani Imprenditori Confcommercio proprio al “desiderio di futuro” che è alla base di questa spinta vitale che le nuove generazioni interpretano”.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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