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I riders vanno tutelati come lavoratori subordinati

Per la Cassazione, il contratto autonomo non impedisce il riconoscimento della disciplina del lavoro dipendente

I riders sono collaboratori etero-organizzati e, in quanto tali, a loro si applica la disciplina del lavoro subordinato. La sentenza 28772/2025, depositata il 31 ottobre, ribadisce la posizione della Cassazione per quanto riguarda le tutele da riconoscere ai ciclo-fattorini e, nell’occasione, conferma la decisione assunta dalla Corte d’appello di Torino.

Nei confronti di questi lavoratori si applica il particolare meccanismo introdotto dall’articolo 2 del decreto legislativo 81/2015, in base al quale alle collaborazioni che hanno natura continuativa, prevalentemente personale («esclusivamente», al tempo dei fatti oggetto della sentenza, perché la norma è stata modificata successivamente), e sono organizzate dal committente va applicata la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Un meccanismo definito “rimediale” da precedenti sentenze, in quanto attua una «dissociazione» tra la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro (autonomo) e la disciplina applicabile (del lavoro subordinato).

La Cassazione ha rigettato i motivi di ricorso presentati dall’azienda di consegne la quale ha sostenuto, innanzitutto, che l’utilizzo di biciclette di proprietà dei rider stessi è un criterio distintivo tra lavoro autonomo e subordinato. A questo riguardo, i giudici hanno risposto che tale argomentazione è irrilevante, appunto perché il rapporto di lavoro resta qualificabile come di tipo autonomo.

Il carattere esclusivamente personale della prestazione lavorativa, secondo la Cassazione, viene meno solo nel caso in cui il ciclofattorino possa avvalersi di altre persone per svolgere le consegne. Condizione che non è consentita.

Quanto alla natura continuativa della prestazione, la Corte d’appello correttamente ha valorizzato la non occasionalità dell’attività, ripetuta nel tempo anche se caratterizzata da intervalli e, nel fare ciò, ha tenuto conto non della media dei turni effettuati in un mese, ma di quelli opzionati dal lavoratore, in quanto la società aveva la possibilità di assegnare una consegne a un rider differente a quello che aveva dato la disponibilità.

Infine, il requisito della etero-organizzazione, come già affermato dalla sentenza 1633/2020 sempre della Cassazione, può essere dimostrato anche dal potere della società di determinare i tempi e il luogo di lavoro (oltre che da altri indicatori, da individuare caso per caso). Ma nel caso specifico, il sistema di assegnazione delle consegne si basava un algoritmo elaborato e gestito dalla società, e i rider dovevano effettuare la consegna entro 30 minuti per non incorrere in penali: elemento ritenuto sufficiente per provare l’etero-organizzazione.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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