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Napoli senza sbocchi, Juve senza fortuna, Atalanta con lucidità, Inter con metodo

Niente fuochi d’artificio, solo verità: Napoli più solido che brillante, Juve produttiva ma imprecisa, Atalanta lucida, Inter costante.
Il calcio italiano d’Europa, oggi, è questo.

 

Napoli – Eintracht Francoforte 0-0 | Controllo senza conduzione

Conte aveva una priorità: smettere di subire.
Il 6-2 di Eindhoven era stato un trauma di struttura, non solo di punteggio.
Al Maradona si è visto un Napoli molto diverso: blocco più corto, difesa più protetta, ritmo gestito. E infatti il Napoli non ha rischiato quasi nulla.
Il problema è che l’altra metà dell’equazione – attaccare meglio – non si è ancora accesa.

Il Francoforte ha fatto una cosa semplice e molto tedesca: chiudere il centro e lasciare spazio esterno.
Il Napoli ha accettato il compromesso, ma senza un giocatore in grado di condurre tra le linee (l’assenza di De Bruyne pesa ogni minuto), è rimasto prigioniero del proprio possesso.
La costruzione è buona, la rifinitura no.
Quando arrivi sulla trequarti e non hai una mezzala capace di rompere la linea o un terzino che entri dentro il campo, finisci per crossare senza vantaggio.

Lo 0-0 fotografa proprio questo: una squadra che sta tornando squadra, ma a cui manca ancora qualcosa.
È un punto che rimette ordine, non entusiasmo.

 

Juventus – Sporting Lisbona 1-1 | Volume alto, precisione bassa

Spalletti sta già costruendo una Juve riconoscibile.
Il dato grezzo – 18 tiri contro 4 – dice tutto e niente.
Dice che la Juve produce, attacca con continuità, crea più del rivale; ma dice anche che la conversione non è ancora all’altezza del volume.
E in Champions, la proporzione tra tiri e gol è quasi sempre una sentenza.

La squadra gioca con coraggio: 3-4-2-1 fluido, ampiezza vera, Vlahović dentro il gioco, Cambiaso e Kostić come binari.
Il pareggio nasce da una delle poche azioni che hanno seguito la linea perfetta del gioco di Spalletti: recupero alto, sviluppo corto, palla pulita in area.
Dopo, la Juve continua a cercare il varco, ma Rui Silva decide che la serata sarà sua.

Ciò che resta è un paradosso: una Juve migliore di quanto dica la classifica (3 punti in 4 partite) ma ancora incapace di trasformare la qualità del possesso in qualcosa di definitivo.
Eppure, rispetto ai mesi scorsi, è già un passo avanti: la squadra non va in tilt, non si spezza, non si snatura.
Manca solo la parte più semplice e più difficile del calcio: fare gol quando li meriti.

 

Marsiglia – Atalanta 0-1 | Pulizia e cattiveria

Il Marsiglia di De Zerbi è cresciuto molto nella ripresa, l’Atalanta ha sempre mantenuto la lucidità.
Rulli para un rigore, la squadra resta in partita, Samardžić la decide al 90’.
È tutto qui, ma è tanto.
Non è un furto: è capacità di restare dentro una partita complicata senza smettere di pensarla.
Juric ha abbassato l’aggressività per aumentare il controllo, e ha trovato il modo di vincere “all’italiana” senza perdere se stesso.

In una Champions dove i ritmi si sono livellati verso l’alto, riconoscere i momenti diventa più importante che crearli.
L’Atalanta lo ha fatto: ha letto il tempo e lo ha trasformato in punteggio.

 

Inter – Kairat Almaty 2-1 | Meccanismo che funziona

C’è una normalità quasi inquietante nella continuità dell’Inter.
È la squadra che cambia meno a seconda del contesto, e questa è la sua forza.
Contro il Kairat, l’Inter ha fatto l’Inter : costruzione a cinque, ampiezza piena, Lautaro che segna perché deve segnare, esterno che chiude perché la struttura lo porta lì.
Il gol subito è l’unico vero difetto: una palla ferma gestita male.
Ma anche lì, la reazione è immediata.

Quattro vittorie su quattro non fanno rumore perché sembrano scontate.
In realtà, in una Champions senza più fasi facili, sono la prova di una squadra matura, riconoscibile, e soprattutto affidabile.
L’Inter non ha bisogno di momenti: ha un sistema che li produce.

 

Un punto in comune: le squadre italiane sanno chi sono, ma non ancora quanto valgono

Dopo quattro giornate, il quadro è netto:
Il Napoli ha ritrovato l’ordine ma non l’ispirazione.
La Juve ha trovato struttura ma non la cattiveria.
L’Atalanta ha imparato a soffrire con intelligenza.
L’Inter ha raggiunto il punto in cui la qualità diventa abitudine.

Non c’è un trionfo, non c’è un disastro.
C’è un movimento collettivo verso una cosa semplice e rara: squadre che sanno come stare in campo.
Il passo successivo, quello che separa il controllo dalla vittoria, passa dai dettagli che oggi fanno ancora la differenza: il taglio senza palla, la scelta di tiro, la gestione dell’ultimo quarto d’ora.

La buona notizia è che sono tutte lì, in partita.
E che per una volta, l’Italia d’Europa non si racconta nei gol, ma nei comportamenti.
Che è poi il modo più onesto per capire dove si va davvero.

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Autore - Articoli pubblicati: 21

Studente di Giurisprudenza, con esperienza amministrativa e interesse per ambito legale, aziendale e risorse umane.

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