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Seria A, 10 giornata: Molta intensità e tante identità

Una giornata fatta di ritmo e resistenza: il Napoli con intensità ed identità anche senza architetto, il Como disegna spazi, la Juve prova a trovare forma, il Milan e l’Inter vincono di misura, il Bologna detta il gioco , il Lecce colpisce con precisione chirurgica.

Napoli–Como 0-0: intensità ed identità

Il dato più eloquente non è lo 0-0, ma ciò che lo ha determinato: Napoli 0,76 xG, Como 1,17, a fronte di un possesso schiacciante dei partenopei.
La squadra di Conte ha tenuto un’intensità altissima per 90 minuti, pressando con costanza e difendendo in modo organizzato anche nelle transizioni.
In molti altri contesti, un match del genere si sarebbe trasformato in una vittoria di “metodo”. Ma qui qualcosa si è spezzato sulla trequarti.

Il Napoli ha costruito bene la prima fase di gioco, ha dominato il campo con l’aiuto dei terzini alti e di una mediana che cercava di dare ritmo. Ma senza il proprio play regista, perso poco prima della fine del primo tempo, la squadra ha dovuto rinunciare a un pezzo fondamentale del suo sistema. Anche se elmas, entrato al posto di gilmour, si è calato molto bene nel match con intensità e soprattutto togliendo qualche riferimento alla pressione del Como smarcandosi molto bene tra le linee.
E in quella zona nevralgica, che è la trequarti offensiva, è emerso in maniera evidente il vuoto lasciato da lobotka (pronto al rientro e subentrato negli ultimi minuti) e Kevin De Bruyne: non solo per le letture tra le linee, ma per la capacità di condurre nello stretto, orientare la manovra e verticalizzare negli ultimi 25 metri.
Senza quella figura, il Napoli ha sì continuato a muoversi bene, ma ha faticato a ferire, a penetrare in una difesa del Como preparata per indirizzare il gioco verso gli esterni e comprimere l’area centrale.

Il rigore fallito da Morata è stato l’unico vero strappo netto nella tela lariana.
Il Como, del resto, non ha mai realmente minacciato il Napoli se non in quell’episodio: nessun tiro nello specchio da gioco aperto, pochissime sequenze offensive efficaci.
Ma ha eseguito il proprio piano con precisione: pressing intelligente e linee sempre compatte.
Il Napoli, pur imbrigliato, non ha mai perso lucidità, e soprattutto non ha mai perso se stesso: è rimasto squadra, ha gestito ritmi alti fino alla fine, ha mostrato coesione.

Questa non è la fotografia di un’occasione persa. È la fotografia di una squadra vera: che non si arrende all’assenza dei propri leader tecnici, che regge l’urto di una gara tatticamente spigolosa, che non soccombe al contesto.
Il Napoli ha un’identità, ma ora deve trovare anche i codici alternativi per esprimerla quando mancano gli interpreti chiave.

Cremonese–Juventus 1-2: Spalletti e il lavoro di sottrazione

Per Luciano Spalletti, la prima Juventus non è quella dei proclami, ma dei dettagli.
Contro la Cremonese si è vista una squadra che inizia a liberarsi della sua vecchia pelle: meno meccanicità, più principio.
Il 3-4-2-1, che si piega in un 3-5-2 in fase difensiva, è la chiave di un nuovo equilibrio.
Koopmeiners diventa il metronomo che avvia e interrompe, Kostić e Cambiaso sono le ali che danno campo, e davanti la Juve alterna la costruzione lenta a improvvise verticalizzazioni.

Il dato xG (2,03 contro 0,54) non racconta tutto, ma suggerisce molto: la Juventus non ha avuto più possesso, ha avuto più efficacia.
La Cremonese, che ha giocato con coraggio, si è però trovata spesso a difendere con l’uomo sbagliato nella zona giusta: Vardy ha accorciato nel finale, ma la Juve non ha mai dato la sensazione di perdere il controllo.

Questa squadra può ancora migliorare molto, soprattutto nella copertura del lato debole e nella gestione dei finali. Ma rispetto al recente passato, sembra capace di pensare mentre gioca.
Non è poco, in un campionato dove molte squadre ancora “reagiscono” più che “ragionano”.

Milan–Roma 1-0: la forza di chi non ha bisogno di esagerare

Il Milan non è appariscente, ma è presente.
La vittoria contro la Roma è una lezione di controllo emotivo prima che tattico.
Leão resta il detonatore, ma il Milan ha imparato a gestire le partite come si gestisce un investimento: scegliendo quando rischiare e quando custodire.

La Roma di Gasperini, fedele alla sua identità aggressiva, ha cercato di spostare l’equilibrio sui duelli, pressando alto e cercando ampiezza sulle mezzali. Ma è mancata la rifinitura: tanto moto, poca sostanza.
Il rigore fallito nel finale amplifica la sensazione di una squadra che costruisce l’occasione giusta ma la vive come un peso.

Il Milan invece lavora sulla gestione: non domina, ma comanda. Non schiaccia, ma orienta.
È la differenza tra una squadra che gioca per vincere e una che gioca per convincere.
Per Pioli, il passo successivo sarà alzare la qualità della riaggressione, perché in Europa le transizioni corte fanno la differenza tra una vittoria e un’uscita agli ottavi.

Verona–Inter 1-2: vincere quando il gioco non c’è

L’Inter, ormai, sa vincere anche senza dominare.
Contro il Verona ha giocato una partita imperfetta, ma risolta dalla sua maturità strutturale.
Il sistema di chivu è consolidato: esterni alti, mezzali che si inseriscono, difesa a tre che imposta. Ma qui è mancata la fluidità nel collegamento tra centrocampo e attacco.
Eppure la squadra ha resistito, ha aspettato, e ha sfruttato un episodio – l’autogol – come una forma di pressione che genera destino.

Il Verona merita più di quanto il risultato dica: organizzato, verticale, pronto a colpire.
È la dimostrazione che una squadra “piccola” può esistere anche senza il terrore dell’avversario.
Ma l’Inter ha mostrato ciò che separa le grandi dalle buone: la capacità di non perdere anche quando non si è nel miglior giorno.

Parma–Bologna 1-3: Italian, l’affermazione di un sistema

Vincenzo Italiano sta facendo qualcosa che nel calcio italiano raramente accade: sta costruendo una squadra che non vive di emergenze, ma di principi.
Il Bologna al Tardini ha giocato una partita quasi didattica: ritmo alto, possesso intelligente, ampiezza sistematica, pressione coordinata.
I numeri sono eloquenti: 22 tiri a 7, 65% di possesso, dominio posizionale.
Ma ciò che colpisce è la coerenza: ogni movimento, ogni rotazione, ogni uscita dal basso ha una logica collettiva.

Il Parma ha provato a resistere nella prima mezz’ora, ma la differenza di struttura è stata troppo evidente. Acuita dall’uomo in meno ovviamente.
Il Bologna non gioca “contro” l’avversario, gioca “attraverso” il contesto.
È una squadra che sta superando la categoria: non perché abbia campioni, ma perché ha una grammatica del gioco.
Nel panorama di una Serie A spesso ossessionata dal risultato immediato, il Bologna rappresenta un progetto che ragiona sul tempo.

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Autore - Articoli pubblicati: 25

Studente di Giurisprudenza, con esperienza amministrativa e interesse per ambito legale, aziendale e risorse umane.

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