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Troppe tasse, pochi servizi: ecco perché abbiamo la sensazione di versare cifre troppo alte senza ricevere abbastanza in cambio

Pressione fiscale in aumento, carico concentrato sul ceto medio, prestazioni pubbliche insoddisfacenti soprattutto in sanità e trasporti: pagare e sorridere, in Italia, è impossibile

Diciamoci la verità: pagare le tasse col sorriso è tutt’altro che facile. Anzi, è praticamente impossibile se si riflette sul carico fiscale, sulla sua distribuzione e soprattutto sui servizi che ciascun contribuente riceve in cambio. E al “danno” di cifre spropositate da versare annualmente si aggiunge la “beffa” dell’evasione che di fatto costringe i cittadini diligenti a finanziare i servizi di cui gli immancabili “furbetti” beneficiano gratuitamente. Invertire questa tendenza sarebbe possibile, peccato che le politiche messe in campo dai governi continuino ad andare in senso opposto.
La prima domanda, dunque, è semplice: quanto pagano gli italiani di tasse? Nel 2024 la pressione fiscale ha fatto un balzo di oltre un punto percentuale, salendo dal 41,2% del 2023 al 42,5. Significa che per 100 unità di ricchezza, lo Stato ne preleva 42,5 per finanziare la spesa pubblica, i servizi sociali e gli obiettivi di politica economica. Si tratta del livello più alto dal 2020. Secondo l’Istat questo incremento è frutto di un aumento delle entrate fiscali e contributive pari al 5,8%, superiore rispetto a quello del Pil a prezzi correnti che si è attestato al 2,7%. Molti economisti, tuttavia, chiamano in causa il fiscal drag: in un sistema progressivo, quando l’inflazione è elevata, i redditi nominali aumentano, scivolando in scaglioni Irpef più alti a beneficio delle entrate, mentre il potere d’acquisto resta lo stesso o addirittura diminuisce. Al di là delle interpretazioni, il dato è chiaro: in Italia si pagano molte, troppe tasse.
Ma chi paga queste somme allo Stato? Tutti dovremmo farlo, ma c’è qualcuno che “contribuisce” più degli altri. Si tratta dei lavoratori dipendenti, i cui redditi sono tassati in misura più consistente rispetto ad altri. Il 49% delle entrate fiscali, infatti, è legato ai salari, il 17 ai profitti e il 33 alle imposte indirette. Eppure i salari costituiscono solo il 38% del Pil, mentre i profitti il 50 e le imposte indirette il 12. Quindi, se i salari crescono, aumenta anche il Pil e le entrate subiscono un’impennata che fa poi registrare una maggiore pressione fiscale. In più, c’è da dire che i redditi da lavoro sono tassati due volte perché soggetti a contributi, che sono un’imposta proporzionale, e a Irpef, che è un’imposta progressiva. E proprio la progressività impone che i redditi, a mano a mano che crescono, siano assoggettati a un’aliquota via via più alta. Ma questo riguarda solo i redditi da lavoro dipendente che rappresentano l’85% dell’Irpef.
La sensazione di pagare troppe tasse, però, è legata soprattutto ai servizi che il contribuente riceve in cambio. L’esempio eclatante riguarda la sanità. Per una colonscopia si attende fino a 190 giorni e tempi lunghi sono previsti anche per altre prestazioni urgenti e brevi come elettromiografia e gastroscopia. Ancora, una visita oculistica è erogata anche in 239 giorni a fronte dei 120 previsti, quella dermatologica in 253. Per test salvavita come mammografia e colonscopia si aspetta fino a 360 giorni. E il trasporto pubblico? Nonostante il consistente prelievo fiscale, lo Stato investe poco su questo fronte: dal 2016 al 2023, secondo Legambiente, l’Italia ha realizzato appena 11 chilometri di tranvie e 14,2 di metropolitane, molto meno di Regno Unito, Germania e Spagna. A tutto ciò si somma la burocrazia asfissiante: le micro e piccole imprese dedicano mediamente all’adempimento degli obblighi amministrativi 313 ore l’anno, cioè l’equivalente di quasi due mesi lavorativi, con un costo totale stimato in 9.210 euro a impresa e in 43 miliardi complessivi.
Insomma, la percezione diffusa è che lo Stato chieda molto in termini di tasse e restituisca poco sotto forma di servizi in settori cruciali per la vita delle famiglie e delle imprese come sanità, trasporti, giustizia, pubblica amministrazione: una situazione che rende il pagamento delle imposte ancora più odioso.

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Collaboratore - Articoli pubblicati: 8

Giornalista con oltre quindici anni di esperienza, specializzato in lavoro, economia e società. Noto per le sue analisi approfondite e lo stile equilibrato, si concentra sull'impatto delle politiche e dei trend sul tessuto sociale ed economico italiano. Ha iniziato la sua carriera in testate locali, sviluppando una profonda comprensione delle dinamiche del mercato del lavoro e delle sfide sociali a livello regionale.

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