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Dove finiscono i contributi che versiamo mese per mese?

Le somme destinate all’Inps finanziano una lunga serie di prestazioni: ecco che cosa c’è sapere

 

Si parla spesso di pensioni, soprattutto ora che il governo Meloni sembra intenzionato a bloccare l’aumento dell’età pensionabile per alcune categorie di lavoratori. Eppure pochi sanno quanto viene versato a loro favore a titolo di contributi previdenziali, che cosa si finanzia in quel modo e come quelle somme possono essere monitorate. La domanda fondamentale, dunque, è: dove finiscono i contributi previdenziali versati mese dopo mese? Proviamo a dare una risposta.

Innanzitutto c’è da chiarire che cosa sono i contributi. Tecnicamente, si tratta di una raccolta di risorse finanziarie effettuata da un ente della pubblica amministrazione. Questa raccolta riguarda una quota della ricchezza dei contribuenti e finanzia spese pubbliche che rispondono a bisogni generali o attività specifiche come la previdenza sociale. Ecco perché abbiamo due tipi di contributi: quelli assistenziali sono versati all’Inps o all’Inail per coprire i rischi legati a infortuni e malattie professionali, invalidità e malattia; quelli previdenziali finanziano la pensione che il lavoratore percepirà in una seconda fase della sua vita.

Scendiamo nel dettaglio. I contributi assistenziali sono versati all’Inps e all’Inail. Nel primo caso, finanziano prestazioni come congedo parentale, maternità, malattia, assegno e pensione di invalidità. Nel secondo caso, invece, coprono i lavoratori infortunati o che abbiano contratto una malattia professionale. I contributi previdenziali, invece, sono versati a enti come Inps o Gestioni speciali, nel caso di lavoratori dipendenti, oppure a casse private specifiche per ciascuna professione come Cassa forense per gli avvocati, Inarcassa per architetti e ingegneri ed Enpap per gli psicologi.

Ma a chi tocca versare i contributi? Nel caso dei dipendenti, è il datore di lavoro che deve decurtare una parte dei soldi dalla busta paga e versarli a titolo di contributi. Questo succede perché, nel nostro ordinamento, il datore di lavoro è sostituto per il versamento di alcune somme di denaro alla pubblica amministrazione, oltre che di tasse come l’Irpef. Discorso diverso per autonomi e iberi professionisti, che sono personalmente tenuti a versare per intero i contributi dovuti e a occuparsi di tutti gli adempimenti previsti. Ovviamente, non tutti i guadagni vanno versati a titolo di contributi. Per i dipendenti la quota da versare è calcolata in base alla retribuzione lorda che si percepisce nel mese con un’aliquota che oscilla tra 5,84 e 9,19%. Specifiche misure di legge, però, possono ridurre l’aliquota garantendo al lavoratore uno stipendio netto più alto.

Vista l’importanza delle prestazioni coperte dai contributi, per un lavoratore è indispensabile monitorarne il versamento. E ciò è possibile attraverso il sito dell’Inps sul quale si può consultare l’estratto contributivo. In questo modo si ha contezza non solo dei contributi effettivamente versati, ma anche di eventuali incongruenze: in tal caso sarà utile controllare le certificazioni uniche ricevute in precedenza, nel caso dei lavoratori dipendenti, o le ricevute dei versamenti effettuati, nel caso degli autonomi, e segnalare le anomali all’Inps. L’estratto contributivo, infine, è importante anche per un altro motivo: consente di farsi un’idea concreta della pensione futura ed eventualmente ipotizzare altre strategia, come quella di farsi una pensione di scorta.

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Direttore Editoriale - Articoli pubblicati: 184

Libero Professionista, impegnato oltre che sul fronte dei servizi e prestazioni connesse al tema della prevenzione degli infortuni in ambienti di lavoro, ha maturato una notevole esperienza nell’ambito delle relazioni sindacali, ed oggi è tra i fondatori di diverse realtà sindacali di carattere Nazionale.

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