Dietro il ritorno all’esame di maturità, una scuola che perde libertà e senso critico in nome del merito, dell’obbedienza e del risparmio.
L’esame di Stato torna a chiamarsi esame di maturità. Lo dice il DL 127/2025 convertito in legge il 25 ottobre scorso con tanto clamore mediatico sul ritorno ai vecchi valori e a una scuola fatta di studenti educati, che svolgeranno placidamente la prova orale dell’esame non perché sono curiosi di mettersi in gioco in questo bellissimo passaggio della loro vita, ma perché rifiutarsi è ora vietato dalla Legge. Sì sì, quella con la L maiuscola, quella che con la sua autorità, scambiata ancora una volta per autorevolezza, dimostra oggi più che mai quella “malattia dell’assoluto” di cui magistralmente parlava Hannah Arendt in Sulla rivoluzione, riguardo alla difficoltà di maturare una vera comprensione delle nostre libertà e diritti, e dunque la capacità di rivendicarli.
Il ministro Valditara deve amare molto le parole che iniziano con la lettera M: merito, maturità… ma come per magia, quando questi termini diventano attuativi, perdono tutta la forza e la profondità della loro gamma semantica.
Il merito, per il MIM come per il governo, viene premiato con gli aumenti presenti nel nuovo CCNL, pari a meno di un terzo dell’inflazione del triennio di riferimento (2022 – 24), viene incentivato con corsi di formazione con premi in denaro come nei quiz televisivi, corsi il cui contenuto è stabilito dal MIM in linea con le scelte politiche del governo (cioè quelle stabilite dal vincolo europeo), per esempio quelli che fanno muovere il PNRR intorno alla digitalizzazione forzata, e non quelli che promuovono pace e dialogo invece che riarmo e militarizzazione dell’istruzione. Ancora, viene riconosciuto con la Carta del docente, che da quest’anno sarà erogata, dice il DL 127, da gennaio invece che a fine settembre, così che i docenti precari, che tanto hanno insistito (cattivi!) per averla, almeno per dispetto non potranno pagarsi i corsi di aggiornamento, formazione, che iniziano tutti tra ottobre e dicembre, per concludersi in tempo per l’aggiornamento GPS: ma si sa, il precariato è una gallina dalle uova d’oro, perché mai disincentivarlo?
Infatti, in una società dove tutto è o diventa merce, il mondo della scuola e dell’università, che invece di produrre merci forma persone e cittadini, è un ostacolo per sua stessa natura, e ministero e governo lo stanno combattendo con accanimento, appunto per s-naturarlo, e farne un luogo di rifornimento di molto corpo (i corpi che vogliono pronti a una nuova guerra sempre pronta a scoppiare) e poco spirito (sicuramente, non critico).
Testimonianza di questa ottica mercificante è anche l’approvazione definitiva della cosiddetta filiera tecnologico-professionale “4+2”, che, in uno con l’ennesimo rinnovarsi dell’ex alternanza scuola-lavoro da PCTO a “formazione scuola-lavoro”, da un nuovo colpo mortale al vero, autentico significato dello studium, che è quello di “tempo libero”: la libertà che un mondo guidato dalla finanza internazionale e dalla continua privatizzazione ci sta rubando mentre ci cattura nell’illusione di uno spazio di potere senza confini (quella “forza senza autorità” che è di fatto uno “stato di guerra”, come leggiamo nelle parole di John Locke nel Secondo trattato sul governo).
La maturità, secondo il ministro Valditara, si dimostra con un esame che, invece di saggiare la competenza dei maturandi nell’organizzare un sapere in linea diacronica e sincronica, li valuterà su sole 4 discipline, di cui due dovranno obbligatoriamente essere quelle delle prove scritte, visto che i commissari saranno solo 4. Anche in questo caso, si nota come l’interesse della riforma sia quello economico: dopo anni e anni di iper-valutazione delle competenze invece che delle conoscenze, si torna a un esame più centrato su queste ultime non perché magari ci siamo accorti che i ragazzi hanno sempre meno strumenti per comprendere ed affrontare la complessità del proprio tempo, ma perché così si può risparmiare sulle commissioni d’esame (5 membri, compreso il presidente, invece di 7 sono un bel risparmio infatti), e i soldi risparmiati potranno essere investiti… state pensando, forse, nella valorizzazione della professionalità del personale scuola?
Ma no, figuriamoci: con la tipica abilità del gioco delle 3 carte i soldi finiscono nella quota da destinare alla Carta del docente (ah, il cui importo sarà più basso per tutti, anche per i docenti di ruolo) perché un solo euro in più non si può spendere per la stabilizzazione e i diritti dei docenti, per carità, e tanto gli aumenti del personale ATA sono ricavati da quelli già previsti per il finanziamento dei nuovi ordinamenti del personale amministrativo.
Con questa riforma, perderanno quindi valore le “materie orali”, che saranno oggetto di valutazione all’esame, dunque, solo a rotazione di anno in anno, e questo non è un caso: materie come la filosofia e la storia, che insegnano a pensare e a orientarsi nel presente, sono volutamente perché non in linea con questa oscura forma di istruzione in senso di addestramento che il ministero sta perseguendo. Una ideologia di cultura come dominio pervade, infatti, anche le nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e di primo grado, che a breve saranno seguite da quelle per la scuola di secondo grado, in cui, nell’ormai famigerato paragrafo che inizia con l’affermazione lapidaria “solo l’occidente conosce la storia”, si scopre che per il MIM conoscenza (e merito…) si identificano con un’ottica di chiaro stampo coloniale, che ha reso appunto l’occidente, secondo le parole delle indicazioni nazionali, l’unico capace di produrre storia, appunto dominando gli altri popoli.
Pensando a tutto questo, non c’è purtroppo da stupirsi per il silenzio complice del nostro governo, e di tanti altri, sul genocidio a Gaza, e ricordare un film di capitale importanza come “Soldato blu” – in cui si vede come nel 1864, in pieno sviluppo dell’imperialismo europeo, gli Stati Uniti completassero la loro corsa al West con il genocidio dell’ennesimo gruppo di popolazione indiana – fa capire limpidamente come essere amici (dipendenti) degli Stati Uniti sia ancora oggi uno dei più gravi pesi sulla nostra politica, che, insieme al vincolo europeo, sta portando sempre più di giorno in giorno, di decreto in decreto, la politica italiana a s-naturarsi (sì, proprio come la nostra scuola) prendendo a pugni e calci la nostra Costituzione e il suo spirito di pace, solidarietà, libertà.

