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Chi ha deciso che fare la spesa deve essere un lusso

Una cena in un ristorante stellato? Certo. Un soggiorno in un hotel a cinque stelle? Senz’altro. Ma se credete che soltanto questi siano lussi, beh, vi sbagliate.

Già, perché, al giorno d’oggi, anche fare la spesa può essere considerato un lusso. E, probabilmente, continuerà a essere tale. Colpa di rincari energetici, cambiamento climatico e politiche spesso poco lungimiranti. I numeri, d’altra parte, lo dimostrano. L’estate non ha fatto bene al portafoglio degli italiani. L’aumento della domanda di beni stagionali, infatti, ha determinato l’ennesima impennata dei prezzi. Ad agosto l’Unione nazionale consumatori ha fotografato un aumento del costo di prodotti alimentari e bevande analcoliche dal +3,9 di luglio al +4,2%, con il carrello della spesa passato dal +3,2 al +3,5%. Il che, per una famiglia composta da genitori e due figli, si traduce in una maggiore spesa pari a 384 euro l’anno. Quasi tutti i generi alimentari – da burro e caffè a cacao e frutta fresca passando per ortaggi, latticini e gelati – hanno subìto rincari che, in alcuni casi, hanno sfiorato il 25% rispetto al mese precedente.

Ma perché fare la spesa è diventato un lusso? Le ragioni sono molteplici e la prima risiede senz’altro nell’aumento dei costi energetici. In Italia, infatti, la produzione agricola e quella alimentare assorbono più dell’11% dei consumi energetici totali. E il 60% dell’energia è prodotto utilizzando gas naturale il cui costo, nell’ottobre 2022, è schizzato addirittura sopra i 150 euro al kilowattora a causa della guerra tra Ucraina e Russia. Se si pensa che il resto della produzione è legato al costo del petrolio, caratterizzato da frequenti oscillazioni, il gioco è fatto. Ma c’è un’ulteriore incognita che grava sulle famiglie. Si tratta dei dazi varati dall’amministrazione Trump. In risposta a queste misure protezionistiche, infatti, l’Unione europea ha trovato un accordo con gli Stati Uniti e si è impegnata ad acquistare 750 miliardi di forniture energetiche americane in tre anni. Ciò potrebbe determinare un rincaro delle bollette, dunque dei costi sostenuti dalle imprese e infine un aumento dei prezzi al consumo.

Non va sottovalutato, poi, il cambiamento climatico. Negli ultimi anni la siccità ha devastato colture e dimezzato raccolti, con la conseguenza che oltre un decimo della produzione agricola nazionale è stata “bruciata”. Le imprese hanno perso più di sei miliardi di euro, complice anche l’aumento dei costi di produzione legati a concime, mangimi, gasolio per mezzo, vetro per alimenti, tetrapack, etichette, cartone, barattoli di latta e plastica. Alla fine questo mix di perdite e costi aggiuntivi si è puntualmente riversato sui consumatori costretti, secondo Coldiretti, a spendere circa 150 euro in più ogni anno a famiglia.

In questo quadro, le politiche messe in atto dal governo italiano per limitare il costo della spesa sono state poco efficaci. Ricordate il trimestre anti-inflazione, cioè quel periodo tra ottobre e dicembre 2023 in cui le imprese della grande distribuzione avrebbero dovuto offrire ai consumatori prodotti a prezzi calmierati? Bene, quella iniziativa si è rivelata non solo inutile, ma per certi versi addirittura controproducente. A novembre 2023, infatti, i prezzi dei generi alimentari aumentarono dello 0,7% rispetto a ottobre, nonostante l’intero indice fosse calato di sei decimi di punto. Il motivo è presto detto: quel patto, tanto sbandierato dal ministro Adolfo Urso, coinvolgeva i rivenditori e non i produttori, era privo di obblighi per le parti e prevedeva sconti facoltativi su un paniere di beni piuttosto ristretto. Alla fine fu lo stesso Urso ad accantonare l’idea del trimestre anti-inflazione al termine della sperimentazione.

Insomma, non c’è alcun dubbio: la spesa è ormai un lusso per la stragrande maggioranza delle famiglie. E questo per un insieme di cause che oscillano tra i rincari energetici legati alle guerre e gli effetti devastanti del cambiamento climatico. Senza dimenticare i limiti di una politica portata a cercare il facile consenso più che a risolvere i problemi strutturali di un sistema che, di questo passo, finirà per strangolare tanto le imprese quanto i consumatori.

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Direttore Editoriale - Articoli pubblicati: 180

Libero Professionista, impegnato oltre che sul fronte dei servizi e prestazioni connesse al tema della prevenzione degli infortuni in ambienti di lavoro, ha maturato una notevole esperienza nell’ambito delle relazioni sindacali, ed oggi è tra i fondatori di diverse realtà sindacali di carattere Nazionale.

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