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Cittadini e imprese soffocati dalla burocrazia: ecco perché la semplificazione è la vera riforma che serve all’Italia

Il 65% degli italiani non chiede agevolazioni alle quali avrebbe diritto

Nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe garantire ordine e trasparenza. Nella pratica quotidiana, invece, la burocrazia si presenta come una barriera che non solo allontana il cittadino dallo Stato, ma finisce anche per ostacolare l’esercizio dei diritti fondamentali. Una vera e propria giungla nella quale pure il Pnrr, che tra i suoi obiettivi annovera quello di fare piazza pulita dei cavilli giuridici, rischia di rimanere irrimediabilmente intrappolato.
Fateci caso: molti italiani non riescono a orientarsi nel mare magnum di agevolazioni a loro disposizione. Bonus bebè, assegni matrimoniali, rimborsi delle rette per gli asili nido, misure di conciliazione di vita privata e lavoro, borse di studio per i ragazzi e ammortizzatori sociali restano troppo spesso un traguardo irraggiungibile. Un dato su tutti: il 65% degli italiani non chiede agevolazioni alle quali avrebbe diritto. E il 55% di quella quota è addirittura costretto a rinunciare per mancanza di informazioni. Non c’è da meravigliarsi, se si pensa che le regole sono poco chiare e le procedure difficili da comprendere, attivare e portare a termine. E, ovviamente, tutto ciò non fa altro che amplificare le già nette disuguaglianze tra le diverse aree del Paese se è vero, come è vero, che in regioni come Lazio e Abruzzo si erogano fino a 7mila euro di agevolazioni agli aventi diritto mentre in Molise si superano a stento i mille e in Basilicata si resta spesso fermi a zero.
Alle pastoie burocratiche che complicano la vita quotidiana delle persone si aggiungono quelle che intrappolano le imprese e impediscono al tessuto economico di sprigionare tutte le sue energie. Anzi, per le aziende la burocrazia si traduce in una tassa occulta. I numeri non mentono: le micro e piccole realtà produttive italiane dedicano mediamente all’adempimento degli obblighi amministrativi 313 ore l’anno, cioè l’equivalente di quasi due mesi lavorativi, con un costo complessivo stimato in 9.210 euro a impresa e in 43 miliardi complessivi. Eppure le piccole e medie imprese rappresentano la parte più consistente del tessuto produttivo nazionale e generano il 65% del valore aggiunto. Adottando ampie politiche di semplificazione ridurrebbe il tempo necessario agli adempimenti di 50 ore annue, con un risparmio di circa 1.500 euro ad azienda, e libererebbe risorse per quasi sette miliardi, riducendo l’impatto complessivo della burocrazia dall’attuale 2 all’1,7% del pil.
Nella palude burocratica, inoltre, rischia di impantanarsi anche il Pnrr. I ritardi continuano ad accumularsi, proprio mentre ci si avvicina alla scadenza finale del piano che è fissata al 30 giugno 2026. Secondo gli ultimi dati disponibili, infatti, al 30 giugno 2025 risultano attivati quasi 300mila progetti per un valore complessivo di 159 miliardi di euro, su un totale di 194,5 miliardi previsti. La distanza tra la programmazione e l’attuazione effettiva, però, resta ampia, il tempo stringe e il rischio che il rilancio dell’economia fallisca diventa ogni giorno più concreto.
Se questo è il quadro, risulta evidente come la riforma più necessaria al Paese sia quella finalizzata a un’autentica e radicale semplificazione amministrativa. Le soluzioni proposte sono le più disparate. L’Unione europea sollecita da anni l’attivazione di sportelli unici, in modo tale da offrire a cittadini e imprese un solo soggetto col quale interfacciarsi per il disbrigo delle varie pratiche amministrative. In Gran Bretagna si è puntato sulla figura del benefit advisor, professionista che fornisce consulenza a individui o aziende sulla comprensione e sulla gestione delle agevolazioni pubbliche disponibili. L’Italia, invece, è ferma ai soliti annunci, come se l’immobilismo non fosse la più pericolosa patologia di cui il Paese è affetto.

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Collaboratore - Articoli pubblicati: 4

Giornalista con oltre quindici anni di esperienza, specializzato in lavoro, economia e società. Noto per le sue analisi approfondite e lo stile equilibrato, si concentra sull'impatto delle politiche e dei trend sul tessuto sociale ed economico italiano. Ha iniziato la sua carriera in testate locali, sviluppando una profonda comprensione delle dinamiche del mercato del lavoro e delle sfide sociali a livello regionale.

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