Il Disegno Tattico di Conte: Non Possesso, ma Predazione
Conte aveva le sue ragioni per disegnare così la squadra. Lukaku assente, i centrocampisti contati, la difesa da riarrangiare. Ma la scelta del 3-4-3 non era dettata da esigenze, era dettata da visione. Tre difensori compatti, quattro centrocampisti disposti in modo da controllare le corsie laterali pur mantenendo mobilità verticale, tre punte ideate non come una trincea offensiva bensì come una morsa che si stringe ogni volta che il Milan tenta di accendere il proprio gioco.
Lobotka in mezzo, una intelligenza di passaggio che non tradisce mai. McTominay come fulcro che oscilla tra le linee, capace di intercettare ma anche di attaccare in profondità. Politano a destra che non aspetta il pallone bensì lo anticipa, sapendo che il movimento è il suo primo linguaggio. Spinazzola a sinistra come cuscinetto, contenitore di dinamica difensiva. E nel tridente: Neres e Hojlund come lame sempre pronte a trovare l’intervallo, Elmas come elemento che permette la continua variazione del tema.
Non è il Napoli che gioca a scacchi di Sarri. Non è il Napoli che soffoca di possesso. È il Napoli che ha compreso una cosa: in questo calcio contemporaneo, la vittoria non appartiene a chi costruisce più lentamente, ma a chi legge più velocemente. Il Milan ogni volta che tentava di impostare il gioco dal basso trovava il pressing azzurro già predisposto. Ogni volta che cercava profondità trovava una difesa che non era una barriera bensì una rete che si muoveva.
Lo Strappo di Hojlund: Il Precedente che Non è Storia
C’è un dettaglio che rimbalza nei meandri del mercato: Hojlund avrebbe potuto vestire il rossonero. A luglio, quando il Milan era in cerca di una spalla alla rimonta europea, il nome del danese era circolato, Hojlund aveva persino indicato l’accordo. Poi salta, perché il Milan voleva formule complesse, prestiti con diritti, schermi legali. Hojlund voleva chiarezza: un progetto, una visione, una garanzia economica che non fosse vaga. Il Napoli si è seduto al tavolo, ha detto “vieni con noi, c’è Conte”, e Hojlund ha detto sì.
Mercoledì sera, mentre il danese volava oltre De Winter per la seconda volta, quella scelta ha assunto una dimensione quasi poetica. Non è solo calcio, è il racconto di una selezione naturale nel mercato: i giocatori intelligenti cercano allora tattiche intelligenti. Hojlund sa di essere veloce, sa di essere un attaccante moderno che vive di timing. Con Conte, quei pregi trovano un contenitore ideale. Con il Milan ancora in transizione, avrebbe rischiato di essere un pezzo di un puzzle non ancora ben definito.
La partita preparata da Allegri: Quando i Principi Non Leggono il Presente
Massimiliano Allegri ha nella sua carriera una serie di vittorie che parla da sola. Cinque scudetti alla Juventus, riconoscimento come uno dei migliori tatticisti della contemporaneità. Ma il Milan ha esposto i limiti della sua applicazione metodica. Non è che lo schema sia sbagliato. È che lo schema assume che i giocatori e il contesto operino dentro margini di variabilità limitati. Quando arrivano giocatori come Hojlund, quando un allenatore avversario ha compreso che la velocità è l’elemento che invalida i principi astratti, lo schema inizia a mostrare crepe.
Allegri non ha corretto in tempo. Ha atteso, ha sperato che il Milan si accendesse. Ha fatto entrare Modric per cercare quella scintilla offensiva mancante. Troppo tardi. Quando una partita è già stata decisa nel primo tempo, dal punto di vista dei ritmi, i cambi arrivano sempre in ritardo.
Una Finale all’Orizzonte, una Risposta Trovata
Il Napoli si giocherà la Supercoppa lunedì sera. Probabilmente affronterà l’Inter, che parte da favorita nella sua semifinale contro il Bologna. Ma questa vittoria non è solo una qualificazione. È la risposta a due sconfitte consecutive che avevano messo in dubbio la solidità della squadra. Dopo Udinese e Benfica, il Napoli aveva perduto il controllo narrativo della propria stagione. Riad ha ritrovato quel controllo.
Conte aveva letto bene il momento: la squadra non aveva bisogno di una rivoluzione, aveva bisogno di una ricalibrazione. Non era il sistema 4-3-3 ad essere fallace, era l’applicazione tattica che richiedeva aggiustamenti. Passando al 3-4-3, ha trovato una formula che consente accelerazioni più frequenti, transizioni più dirette, una compressione dello spazio che non consente agli avversari di respirare.
La Lezione Tattica: Quando i Tempi Vincono i Disegni
Se dovessimo estrarre da questa partita una lezione di calcio autentico, non sarebbe la superiorità del possesso, non sarebbe l’eleganza della costruzione dal basso. Sarebbe qualcosa di più grezzo e, allo stesso tempo, più puro: il valore della sincronizzazione. Una squadra che sa leggere i tempi della partita, che sa accelerare quando l’avversario è in transizione, che sa chiudere gli spazi prima ancora che il passaggio venga calciato.
Hojlund non è stato il miglior giocatore della partita per brillantezza tecnica complessiva. È stato il gol segnato due volte. È stato il giocatore che ha capito di poter vincere il confronto individuale se lo leggeva un secondo prima dell’avversario. Neres ha assistito, ha segnato, ma la vera interpretazione della partita è arrivata da quella capacità di essere dove il gioco stava accadendo, non dove era già accaduto.
Il Milan resterà fuori dalla finale di Supercoppa. Il Napoli affronterà chi vincerà a Riyadh tra Inter e Bologna. Ma ciò che rimane, quando i flash si spengono e la polvere si deposita, è una verità calcistica semplice: non sempre la tattica più elaborata vince. A volte è sufficiente leggere meglio, accelerare al momento giusto, e avere calciatori intelligenti abbastanza da applicare quella lettura. Mercoledì sera, il Napoli ha fatto esattamente questo. Il Milan ha costruito, il Napoli ha distrutto. E la differenza, alla fine, è stata semplicemente quella.

