66 visualizzazioni 4 min 0 Commenti

Lavoro nero in aumento: l’Italia ignora un problema che mina Pnrr, legalità, diritti e competitività europea

La Commissione europea ha chiesto al nostro Paese una riduzione di due punti percentuali dell’irregolarità entro giugno 2026

L’ultimo rapporto Istat segna un’inversione di tendenza che dovrebbe preoccupare tutti: nel 2023 la quota di occupati irregolari è risalita al 10 per cento dopo sette anni di calo. Non è un dettaglio statistico, ma un campanello d’allarme sociale, economico e culturale. Eppure, nel dibattito pubblico quasi nessuno ha avvertito il colpo. Un paradosso, considerato che la riduzione dell’irregolarità è un obiettivo vincolante del Pnrr concordato con Bruxelles. Senza un vero contrasto al lavoro sommerso, l’Italia mette a rischio credibilità europea, gettito fiscale e diritti dei lavoratori.

Un obiettivo Pnrr rimasto sulla carta
La Commissione europea ha chiesto al nostro Paese una riduzione di due punti percentuali dell’irregolarità entro giugno 2026. Per rispettare l’impegno era stato avviato, nel 2022, un piano organico: un portale nazionale sul lavoro sommerso, una governance unitaria, una strategia fondata su dati, ispezioni, incentivi alla regolarizzazione e campagne culturali. Ma la macchina si è rapidamente arenata.
Il portale non è mai entrato a regime, le strutture di coordinamento sono state depotenziate e la vigilanza frammentata fra più enti, con il risultato di ridurre l’efficacia dei controlli. Mentre l’Europa spinge verso trasparenza e compliance, l’Italia ha lasciato svanire uno dei pochi strumenti in grado di scalfire un fenomeno radicato e sistemico.

Una cultura diffusa di tolleranza sociale
Il lavoro nero prospera non solo per debolezza dello Stato, ma anche per indulgenza collettiva. Diverse indagini mostrano una maggiore tolleranza verso l’irregolarità soprattutto nell’elettorato conservatore, mentre permane un forte stigma verso chi percepisce sussidi. È un doppio standard che svuota la legalità: si condanna il beneficiario del reddito di cittadinanza, ma si giustifica chi non versa contributi e imposte. È anche così che l’Italia continua a essere, fra i grandi Paesi europei, quella con il più alto tasso di lavoro non dichiarato.

Perdita di gettito, diritti e qualità del lavoro
Il lavoro irregolare non è solo una distorsione statistica: significa contributi mancati, concorrenza sleale e minor produttività. L’economia sommersa vale oltre il 9 per cento del Pil; coinvolge più di 3,1 milioni di persone; cresce quasi il doppio del lavoro regolare. Colpisce soprattutto i servizi alle persone, dove in alcuni settori l’irregolarità supera il 40 per cento. È evidente che senza un’azione strutturale non solo non si riduce il fenomeno, ma lo si legittima di fatto.

La riforma che serve davvero
Un Paese europeista e moderno dovrebbe affrontare il lavoro nero con strumenti seri: più ispettori, sì, ma coordinati; incentivi alle imprese che emergono; una sanatoria mirata per gli immigrati regolari che oggi lavorano fuori dalle tutele; campagne potenziate per la legalità; big data e interoperabilità informativa; politiche di compliance ispirate ai modelli nordeuropei.
Non è una battaglia ideologica, ma un investimento nel capitale umano, nella competitività e nella sostenibilità fiscale. Il lavoro nero non è inevitabile: è il risultato di scelte politiche. E dell’inerzia. Se l’Italia vuole restare nel solco europeo e costruire un mercato del lavoro moderno, equo e trasparente, la lotta all’irregolarità deve tornare prioritaria. Ignorare il problema significa rinunciare a diritti, crescita e fiducia. E lasciare sommerso ciò che dovrebbe emergere alla luce della legge.

 

Avatar photo
Collaboratore - Articoli pubblicati: 5

Laureato in lettere classiche e in storia antica, ha conseguito un master di I livello in Biblioteconomia e diritto d'autore e uno di II livello in Diritto Amministrativo. È istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione di numerose riviste e autore di saggi che spaziano dalla critica letteraria al diritto amministrativo.

Facebook
Linkedin
Scrivi un commento all'articolo