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Champions League 2025-26, giornata 3

Italiane in equilibrio instabile: l’Inter vola, il Napoli deraglia, la Juve resiste senza offendere, l’Atalanta domina ma non punge.

 

Nel nuovo format a girone unico la Champions diventa una prova di continuità più che di talento. Le italiane mostrano anime opposte.
Non basta più “la serata giusta”: serve continuità, gestione emotiva, profondità di rosa e una chiara identità tattica. La terza giornata lo ha mostrato in modo netto: tra le italiane solo l’Inter ha consolidato un modello competitivo europeo, mentre Napoli, Juventus e Atalanta si muovono tra transizioni e limiti strutturali. Il racconto del turno non è solo di risultati, ma di evoluzioni — alcune convincenti, altre ancora in cerca di forma.

PSV – Napoli 6-2: la caduta del controllo

Il Napoli è tornato da Eindhoven con un passivo pesante e, soprattutto, con la sensazione di un sistema che si è smontato al primo scossone. Il 6-2 subito dal PSV non è un incidente, ma la somma di fragilità note: costruzione lenta, difesa alta senza sincronismi, difficoltà a reagire agli episodi negativi.

Il pressing verticale del PSV, feroce e continuo, ha tagliato fuori la prima uscita palla, ed il basso ritmo in generale del Napoli, hanno costretto i partenopei a perdere metri e lucidità. Dopo l’autorete di Buongiorno e l’espulsione di Lucca, la squadra si è sgretolata.

Le statistiche parlano da sole: 19 tiri subiti, dieci concessi in area, 45 attacchi pericolosi incassati. È un dato mentale, prima che tattico. La squadra sembra vivere le partite come singoli frammenti, non come flusso collettivo. In un torneo a 36 squadre dove il ritmo medio si alza ogni settimana, il Napoli non può permettersi di reagire solo quando è sotto nel punteggio. Servono più gerarchie tecniche e una gestione emotiva più adulta.

Union Saint-Gilloise – Inter 0-4: la forza della ripetizione

La vera forza dell’Inter non è la qualità dei singoli, ma la sua coerenza nel tempo. Il 4-0 di Bruxelles è un manifesto: possesso al 70 %, quattro gol costruiti attraverso la stessa logica collettiva che guida ogni uscita dal basso e ogni transizione.

Cristian Chivu ha raccolto l’eredità di Inzaghi senza stravolgerla, aggiungendo verticalità nelle rotazioni centrali. Dumfries e Carlos Augusto danno ampiezza, Çalhanoğlu orchestra con la precisione di un metronomo, Lautaro e Pio Esposito interpretano l’attacco come coppia “dinamica”, non statica.
L’Inter oggi è una macchina che sa quando accelerare e quando addormentare il gioco. Il dominio non è casuale: nasce da abitudini consolidate. Tre vittorie, nove punti, differenza reti +9. La sensazione è che i nerazzurri giochino con il tempo, non contro di esso. In una Champions così lunga, è un vantaggio enorme.

Real Madrid – Juventus 1-0: ordine senza respiro

La Juventus di Tudor ha un merito: saper stare in partita. Ma il Bernabéu ha mostrato anche il limite principale di questo progetto, cioè la mancanza di una vera idea offensiva. Il Real ha imposto il suo ritmo (65 % di possesso, 28 tiri, 14 corner) e la Juve ha resistito grazie alle parate di Di Gregorio e alla disciplina del blocco difensivo.

L’organizzazione non manca: il 3-4-2-1 bianconero difende bene gli spazi centrali e limita le corse di Mbappé e Vinícius fino al tap-in di Bellingham. Ma l’uscita palla è timida, i centrocampisti verticalizzano poco e la squadra resta lunga nei momenti di transizione. I numeri offensivi — solo 4 tiri nello specchio — raccontano una sterilità preoccupante.

La Juve è solida ma prevedibile, compatta ma povera di invenzione. Non basta “non prenderle” quando ogni punto pesa quanto un turno a eliminazione diretta. Servirà un salto di mentalità per non trasformarsi nella squadra che difende bene e finisce comunque eliminata.

Atalanta – Stella Rossa 0-0: il paradosso del dominio

L’Atalanta è rimasta intrappolata nel suo paradosso: costruisce tanto, conclude poco. Contro la Stella Rossa la squadra di juric ha prodotto un xG di 2,58, creato cinque grandi occasioni e tirato 22 volte, ma non ha segnato.
Lookman e Sulemana hanno garantito ampiezza, Scamacca da subentrato ha lavorato molto bene spalle alla porta, ma la precisione è mancata concretezza.

Eppure, la struttura resta tra le più evolute d’Europa: pressing alto, linee corte, meccanismi automatizzati. La sterilità offensiva non cancella i progressi, ma li rende incompiuti. In un torneo in cui la differenza reti pesa come una vittoria, l’Atalanta dovrà imparare a essere più spietata: il gioco c’è, manca la cattiveria.

L’Italia in Europa: quattro progetti, quattro velocità

Dopo tre giornate, la geografia europea parla chiaro.
L’Inter rappresenta la continuità e la maturità tattica: gioca come vive, con metodo e fiducia.
La Juventus è un corpo in difesa, ma senza anima creativa.
Il Napoli è in una fase identitaria difficile, sospeso tra vecchi automatismi e nuove richieste.
L’Atalanta resta la più moderna, ma anche la più vulnerabile alla legge della concretezza.

Il calcio europeo di oggi non premia chi “sa giocare”, ma chi sa ripetere. È la ripetizione che costruisce fiducia, automatismi, controllo dei tempi. L’Inter lo fa, le altre lo inseguono.

Il quarto turno, tra due settimane, dirà se il calcio italiano saprà rispondere con continuità o se resterà un mosaico di buone intenzioni. La Champions del 2025-26, più che mai, misura la solidità mentale oltre che quella tecnica. E lì, al momento, solo una squadra sembra avere le idee davvero chiare.

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Autore - Articoli pubblicati: 18

Studente di Giurisprudenza, con esperienza amministrativa e interesse per ambito legale, aziendale e risorse umane.

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