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Italia – Irlanda del nord: uno spareggio contro la propria ombra

Il sorteggio che non concede alibi
Non è il sorteggio più semplice: è quello più rivelatore. Il 26 marzo 2026, probabilmente a Bergamo, l’Italia si giocherà l’accesso alla finale degli spareggi mondiali contro l’Irlanda del Nord. Sulla carta, il divario tecnico è evidente, ma proprio questa distanza apparente ha già tradito la Nazionale negli ultimi dieci anni. Le notti di Svezia e Macedonia del Nord hanno trasformato il concetto di “avversaria abbordabile” in un miraggio pericoloso. Oggi, il rischio non sta nel valore dell’avversario, ma nel modo in cui l’Italia riesce, o non riesce, a gestire la propria pressione interna.

Due percorsi opposti: dominio fragile contro pragmatismo puro
Il cammino verso lo spareggio racconta la distanza filosofica tra le due squadre. L’Italia ha chiuso il girone al secondo posto, travolta nei due scontri diretti dalla Norvegia. Il 4-1 di San Siro ha mostrato una Nazionale capace di dominare nel primo tempo grazie alla catena Bastoni, Barella, Dimarco e al gol di Pio Esposito, ma completamente travolta nella ripresa da ritmo, intensità e transizioni avversarie.

Un rendimento che oscilla tra il buon palleggio e il blackout emotivo, tra costruzione ordinata e vulnerabilità quando la partita si accende. Le vittorie contro Moldova, Estonia e Israele hanno lasciato comunque la sensazione di un’Italia che, appena trova un blocco basso, fatica a trovare la giocata che spacca la struttura avversaria.

L’Irlanda del Nord arriva dalla porta secondaria della Nations League, ma con un’identità precisa. Terzo posto nel girone dietro Germania e Slovacchia, ma con un sistema estremamente codificato: 3-5-2 che diventa 5-3-2, linee strette, blocco medio-basso, pochi rischi, densità centrale. Un manifesto di pragmatismo che riduce il margine dell’avversario e amplifica quello della propria organizzazione.

L’Italia di Gattuso: Ancora poche certezze
Gattuso ha ereditato una squadra psicologicamente fragile e tatticamente disomogenea. La sua Nazionale ha cambiato pelle, passando dal 4-3-3 al 3-5-2 e flirtando con un 4-1-3-2 utile a coprire meglio il campo. Tutte soluzioni ancora in cerca di continuità.

La costruzione bassa è un punto fermo, così come la centralità di Dimarco, trasformato in un regista laterale che monopolizza sviluppo e rifinitura. Il problema è strutturale: quando il gioco si appiattisce a sinistra, l’Italia non ha un secondo sbocco credibile sulla fascia opposta, e la manovra tende a diventare orizzontale, prevedibile, meno pericolosa.

Il centrocampo Barella, Locatelli, Tonali dà volume, ma non scintille. Gli Azzurri producono ritmo e inserimenti, ma quasi mai la giocata che sorprende un blocco basso. L’Italia attuale è una squadra che sa costruire, ma non sempre sa accelerare.

L’Irlanda del Nord: identità chiara, limiti riconosciuti
La squadra di Michael O’Neill non finge di essere ciò che non è. Ha una struttura difensiva solida, un’attenzione feroce agli spazi interni e una chiara vocazione alla ripartenza. Dion Charles è il riferimento centrale, Isaac Price l’arma negli inserimenti, Jamie Donley un giovane in ascesa.

Ma il vero ago della bilancia è Conor Bradley: terzino del Liverpool, letale quando accelera, disciplinato
quando si abbassa, è il giocatore che unisce fase difensiva e offensiva. Se Bradley ha spazio e campo da attaccare, l’Irlanda del Nord diventa immediatamente più pericolosa.

La partita si decide sulle fasce: Dimarco contro Bradley
È il duello centrale dello spareggio. Dimarco è il barometro creativo dell’Italia: lavora il pallone, cambia gioco, mette cross chirurgici, detta i tempi offensivi. Bradley è l’atleta più completo dei nordirlandesi, abituato a reggere l’urto della Premier League. Entrambi giocano a ritmi alti, entrambi sono decisivi nelle transizioni.

Se Dimarco riesce a trascinare in basso Bradley, gli Azzurri avranno il controllo della metà campo avversaria. Se invece Bradley riuscirà a risalire il campo con continuità, la difesa a tre italiana dovrà fronteggiare una serie di situazioni che l’hanno già messa in crisi contro la Norvegia.

Il centrocampo come termometro emotivo del match
La sfida Barella, Locatelli, Tonali contro Charles, Galbraith, McCann è meno tecnica di quello che sembra. L’Italia deve accelerare, rompere il ritmo, verticalizzare. L’Irlanda del Nord vuole resistere, comprimere, togliere ossigeno. La battaglia non sarà tanto sui passaggi riusciti, quanto sulla velocità di pensiero e sulle seconde palle. Lì si vedrà se gli Azzurri hanno imparato qualcosa dalle ultime cadute.

Transizioni e palle inattive: il pericolo invisibile
Gli spareggi si decidono nei dettagli, e l’Italia storicamente soffre i dettagli. La difesa azzurra, non velocissima, fatica quando deve rincorrere in campo aperto. L’Irlanda del Nord, invece, vive proprio di ripartenze corte: Bradley che strappa, Price che si inserisce, Charles che gioca di sponda.

E poi ci sono i calci piazzati. L’Italia ha Dimarco, Retegui, Esposito: armi importanti. Ma l’Irlanda del Nord ha centimetri, sincronismi e convinzione. Il gol di Woltemade alla Germania è un promemoria: le palle inattive contano doppio in partite che valgono un Mondiale.

Oltre lo spareggio: Galles o Bosnia, una montagna in trasferta
L’eventuale finale del 31 marzo sarà fuori casa. Cardiff o Zenica non sono semplici cornici: sono scenari che amplificano la pressione, che schiacciano chi non ha ancora un’identità forte. Il Galles porta in campo intensità e ali rapidissime, la Bosnia porta ordine, esperienza e una struttura solida. In entrambi i casi, l’Italia dovrà mostrare una solidità emotiva che finora non ha mai garantito.

L’Italia favorita, ma solo sulla carta
La Nazionale parte avanti per qualità individuale, profondità della rosa e fattore campo nella semifinale. Ma la storia recente invita alla prudenza. L’Italia di Gattuso è un progetto aperto, ancora senza una vera cifra stilistica e con un rapporto complicato con le partite a eliminazione diretta. L’Irlanda del Nord, invece, sa esattamente cosa fare, come farlo e con quali limiti convivere.

Questo spareggio è più di una partita: è un test identitario. L’Italia deve dimostrare di non essere più quella squadra che crolla quando l’inerzia gira, che smarrisce sicurezza dopo un episodio sfavorevole, che fatica a reagire quando il piano gara si inceppa.

La qualificazione passa da una sola domanda, semplice e crudele: la Nazionale ha imparato dai propri fallimenti, o continuerà a ripeterli? La risposta arriverà il 26 marzo. E determinerà molto più di un viaggio ai Mondiali.

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Autore - Articoli pubblicati: 26

Studente di Giurisprudenza, con esperienza amministrativa e interesse per ambito legale, aziendale e risorse umane.

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