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Frenata del turismo, il Ferragosto 2023 non è da tutto esaurito

A fronte di un aumento di visitatori dall'estero, si registra un calo di presenze italiane anche del 30%. Resistono le città d'arte. Ma gli affitti brevi non garantiscono alle loro economie il valore aggiunto degli alberghi

Si registra una frenata improvvisa sul fronte del turismo: questo che ci accingiamo a vivere non sarà un Ferragosto da tutto esaurito. L’effetto rincari, evidentemente, si fa sentire e cambia la mappa delle vacanze premiando nuovi approdi low cost come Albania e Montenegro. Questo, nonostante un incremento degli arrivi dall’estero in Italia che ha fatto registrare un +4%. A dirlo è una ricerca di Federturismo che calcola cali, in alcune località, anche del 20 e 30%, soprattutto, quindi, sul fronte della domanda interna.

Per Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, “l’estate 2023 non sta dando una buona performance per ciò che riguarda il nostro mercato interno. In sostanza, il turismo italiano ha subito una flessione mentre i risultati migliori si rilevano a livello internazionale”.

Per Federturismo, “tra inflazione e cambiamento climatico, il 2023 sta mettendo alla prova l’intero settore turistico italiano”. Secondo le associazioni dei consumatori, più di un italiano su 10 rinuncerà a viaggi e vacanze a causa del caro-prezzi.

Ma se ci sono aree del Paese in cui il calo pesa di più, come la Sardegna e la Toscana, a resistere sono le città d’arte. Su questo fronte, la società di consulenza Sociometrica ha stilato la classifica delle città che fanno segnare il maggior valore aggiunto sotto la voce turismo sulla base di dati Istat ma relativamente al 2022. Ebbene, la prima posizione la occupa Roma con un valore aggiunto di 8,5 miliardi. A seguire, Milano (3,6), Venezia (3), Firenze (2,5), Rimini (1,4), Napoli (1,4), Cavallino-Treporti (1,3), San Michele Tagliamento (1,3), Jesolo (1,1) e Torino (1,1).

Sta di fatto che, secondo questo studio, nei centri turistici che fondano l’offerta sulle case private, c’è un minore impatto economico sul territorio. Il fenomeno degli affitti brevi è in continua crescita: negli ultimi 10 mesi, a Roma da meno di 19mila unità offerte si è passati a oltre 22mila; a Milano da 12mila a 17mila; a Napoli da 6mila a 8mila.

Rispetto alle classiche strutture ricettive, si consolida quindi questo secondo modello di sviluppo: “Ma l’albergo rimane un’impresa con decine di dipendenti. Per le case private, invece, l’impresa è la piattaforma online che le offre. Gli affitti brevi – ragiona Antonio Preiti, curatore dello studio di Sociometrica nonché docente di economia all’Università di Firenze – hanno cambiato la fisionomia delle città, ma i vantaggi per i residenti non sono tutt’altro che evidenti: perpetuano l’idea della rendita più che dell’imprenditoria, soprattutto al Sud dove nuove destinazioni potrebbero spiccare il volo, ma il modello centrato sulle seconde case blocca la possibilità di creare una vera e propria industria dell’ospitalità e quindi di generare un valore aggiunto per tutti”.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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