110 visualizzazioni 3 min 0 Commenti

Referendum Jobs Act, chi ha detto che è “contro la storia”

Un'intervista dell'ex presidente dell'Inps Tito Boeri ha fatto molto discutere: "Irrigidire le regole non può che peggiorare la situazione salariale"

In vista del referendum dell’8 e 9 giugno prossimi inizia a maturare il dibattito attorno ai quesiti inerenti il tema lavoro. Nei giorni scorsi ha fatto molto discutere un’intervista concessa alla Stampa dall’ex presidente dell’Inps, l’economista Tito Boeri, il quale si è schierato per il no secondo lui, i problemi inerenti il mondo del lavoro italiano non si risolvono abolendo, come vorrebbero i promotori del referendum, il Jobs Act, e men che mai ricorrendo allo strumento del referendum popolare.

“Questi referendum – ha argomentato Boeri – sono contro la storia. C’è carenza di lavoratori, aumentano i contratti a tempo indeterminato e cosa si propone? Introdurre nuove barriere contro i licenziamenti. Chi sostiene questi referendum non ha capito nulla di ciò che sta accadendo: irrigidire le regole non può che peggiorare la situazione salariale. Se i quesiti passassero, sarebbe l’ennesimo disincentivo agli investimenti di imprese innovative in Italia. Per essere innovativi, bisogna prendere grandi rischi di fallire: in questo modo aumenterebbero invece i costi dei fallimenti”

In ogni caso, alla domanda di Alessandro Barbera perché l’occupazione sale ma i salari continuano a restare bassi, l’economista della Bocconi ha risposto che si tratta di due facce della stessa medaglia: “Se il costo del lavoro diminuisce, le imprese tendono ad assumere di più. Purtroppo, i salari in Italia non hanno tenuto il passo dell’inflazione come in altri Paesi: stiamo parlando di una perdita del potere d’acquisto del 10% rispetto a 4 anni fa, soprattutto nei servizi”

Però sono aumentati i contratti a tempo indeterminato, gli è stato fatto osservare. Al che Boeri l’ha messa così: “Certo, ed è un bene. Ma l’idea con cui è stato smantellato il Reddito di cittadinanza, secondo la quale chi è in età lavorativa non debba essere aiutato perché lavorando si esce dalla povertà, è sbagliata. La povertà è in aumento proprio tra chi lavora”.

Ma perché i salari non crescono? Per la scarsa produttività di un Paese fatto di piccole e piccolissime imprese?

“L’economia italiana ristagna, la produttività è bassa. Ma in molte imprese i lavoratori vengono pagati molto meno del valore di ciò che producono”.

E qui Boeri è arrivato a un altro punto fondamentale della questione: “C’è da cambiare il sistema di relazioni industriali. Contratti rinnovati con troppo ritardo, contratti pirata che riducono il potere del sindacato. E poi in Italia manca un salario minimo”.

Boeri si è schierato a favore della proposta di legge avanzata dal centrosinistra. Ma ha attaccato duramente anche il sistema centralizzato di contrattazione che invece quella parte politica difende con i denti: “Penalizza i lavoratori delle imprese più produttive e rischia di togliere lavoro a chi vive in aree a bassa produttività”.

Avatar photo
Redazione - Articoli pubblicati: 994

Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

Twitter
Facebook
Linkedin
Scrivi un commento all'articolo