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La grande fuga dall’Italia mentre il Governo si appresta a celebrare la giornata del Made in Italy

Serena Sileoni, docente presso il Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha avuto modo di spiegare perché anziché puntare sulla nostalgia, bisognerebbe aprirsi all'innovazione

L’Istat ha registrato un vero e proprio boom di espatriati, la maggior parte under 40: in un anno, addirittura un +36%. Dal 2011, in un Paese che parla continuamente di immigrazione ma mai di emigrazione, se ne sono andati 700 mila italiani. In particolare: nel 2024, si sono trasferiti all’estero 156.000 persone, 93.410 tra i 18 e i 39 anni; 19.677 under 17. Rappresentano i dati più alti del ventunesimo secolo. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta dei cosiddetti “traditi dal lavoro”: stipendi bassi, precariato, scarse possibilità di crescita professionale. Per i giovani, si calcola che le paghe, in 4 anni, si siano ridotte del 23%.

Così, a fronte di tutto questo, Serena Sileoni, docente presso il Suor Orsola Benincasa di Napoli di diritto costituzionale, ha allargato le braccia dicendo: “I dati confermano quello che già sappiamo: siamo una popolazione con alte aspettative di vita, ma sulla via tramonto. Fatichiamo a trattenere i giovani dall’andare a cercare lavoro qualificato all’estero e, senza gli stranieri, la corsa verso il rovesciamento della piramide demografica sarebbe ancora più veloce”.

Ma cosa si può fare per evitare il declino?

“I governi possono fare nulla rispetto alle scelte personali di vita dei giovani. Però, possono quantomeno incoraggiarli ad andare via e possono non ostacolare quelli che vogliono venire. In questi giorni, ad esempio, men tre dovremmo riflettere sulle eccellenze italiane che non nascono e, se nascono, emigrano, il governo sta reclamizzando l’imminente giornata del Made in Italy del 15 aprile come “un tributo alle eccellenze italiane e alle imprese che con ingegno e innovazione rappresentano l’orgoglio italiano”. Ma non è molto chiaro cosa sia il Made in Italy. In mercati complessi e con catene dio valore su scala mondiale, un prodotto italiano è più facile a dirlo che a farlo e etichettarlo. Lo stesso vale per le persone: quanto sono italiani i nati all’estero discendenti da nonni italiani, rispetto agli stranieri stabilmente residenti e contribuenti, i cui figli frequentano le nostre scuole e le cui tasse alimentano le nostre entrate?” In ogni caso, se la tutela del Made in Italy è, come dice la relativa legge, la promozione delle produzioni di eccellenza, sotto tale marchio di ingegno si dovrebbe parlare di acciaio oltre che di formaggi, di industria e grande distribuzione oltre che di artigianato e filiere corte, di modernità oltre che di tradizione, di attrazione di capitali e risorse umane più che di fuga”.

Invece, stando a Sileoni, “si continua a veicolare un senso di italianità come radici culturali da preservare e tramandare a fini identitari. Ma così, l’inverno demografico sarà solo una delle variabili di un declino più grande, di cui è indice, ad esempio, il tasso di mortalità delle nostre imprese”

Per Sileoni, allora, per rendere omaggio all’eccellenza italiana, “bisognerebbe partire dalla constatazione che il fattore italiano, con tutto quel che può significare, rischia l’estinzione perché a un declino demografico somma un declino costante della sua capacità di innovare e trasformarsi e, quindi, competere”.

“La nostra economia – ha informato Sileoni – è decima al mondo per numero di brevetti. Ma il Paese che la precede, la piccola Svizzera, ne registra una quantità pari a una volta e mezzo. La Cina 63 volte tanto, la Francia il doppio. Pesando il dato per milioni di abitanti, siamo comunque a metà strada rispetto alle economie più innovative”.

La conclusione della Sileoni, quindi, è stata questa: “Il legame tra creatività, innovazione e demografia è facilmente intuibile col buon senso: una società giovane è, per forza di cose, una società più dinamica, disposta a scommettere nel futuro e a guardare con fiducia le novità, anziché il passato con nostalgia. Un governo che ha a cuore il Made in Italy dovrebbe conciliare il rispetto per le tradizioni con l’apertura al rinnovamento. Demografico, cultural e imprenditoriale”.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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